Tra un mese non si potrà più dire “Ma vai all’Avai”
Angelo Avai, storico riparatore di bici di piazza Cristoforo Colombo, ha deciso di abbassare la claire a 90 anni e dopo 94 anni di attività
Sta per entrare nel suo ultimo mese di attività l’Avai Biciclette, lo storico negozio di piazza Cristoforo Colombo da più di trent’anni, ma con alle spalle una storia quasi centenaria visto che venne fondato nel lontano 1925 tra piazza Trento e Trieste e via Cardinal Tosi.
Capostipite fu Ercole Avai, padre di Angelo, che a novant’anni ha trovato quasi il coraggio di abbassare la saracinesca una volta per tutte. Quante generazioni di ciclisti avrà visto passare dal proprio negozio è difficile dirlo, ma sta di fatto che ogni volta che il proprio mezzo di locomozione risentiva degli anni, o si rompeva, la soluzione era sempre la stessa: “Ma vai all’Avai no?”.
Gli anni probabilmente sono però l’ultima delle motivazioni che hanno spinto Avai a chiudere: parlandoci, in quei locali dal sapora antico pieni di pezzi di ricambio, copertoni e carcasse di bicicletta, si intuisce che Angelo di voglia di lavorare ne ha ancora tanta, ma sommerso dalla modernità di un mercato non più florido come una volta ha dovuto fare il grande passo: «Tra la burocrazia e le nuove opportunità low-cost, di margine ne è rimasto davvero poco. Ho tenuto duro anche perché per me è uno stimolo aprire tutte le mattine, mi tiene attivo mentalmente, è un lavoro che amo per il quale ho fatto tanti sacrifici. Per questo non voglio passare il testimone a nessuno, perché mi spiacerebbe se tutto il lavoro di una vita fosse rovinato da qualcuno che cerca solo facili profitti senza avere passione. D’altronde me la sono sempre cavata, e anche in pensione cercherò di rimanere lo stesso di sempre, attivo e cordiale con chi in tutti questi anni è stato mio cliente fisso».
Da quando ha affisso sulla vetrina l’annuncio di chiusura, molti hanno deciso di venire qui quasi in pellegrinaggio per salutare e scambiare due chiacchiere con il proprio ciclista di fiducia: «Mi fa piacere che la gente riconosca l’importanza che il negozio ha avuto negli anni. Molti mi chiedono di andare avanti, ma cosa volete che vi dica, a novant’anni non riesco più a stare dietro ad un mercato che cambia, in peggio secondo me».
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