Davide Marzullo si racconta, tra la passione per la cucina e la voglia di arrivare
Davide Marzullo ha accettato di raccontarsi a poche ore dal Natale, appena prima di cominciare a cucinare per la tradizionale cena con gli amici di sempre
Una passione viscerale per la cucina, unita a volontà ferrea, spirito di sacrificio e voglia di raggiungere i propri sogni.
Davide Marzullo è tutto questo, ma anche tanto altro. Ha accettato di raccontarsi a poche ore dal Natale, appena prima di cominciare a cucinare per la tradizionale cena con gli amici di sempre.
Ventitrè anni, nato a Uboldo e legato al suo territorio, dove torna ogni volta che può a trovare papà Alfonso, mamma Gianna e Giulia, la sorella fotografa: dopo la vittoria del reality “Antonino Chef Academy” la notorietà lo ha travolto, ma Davide rimane ben centrato sui propri obiettivi e non si ferma, anzi…
Dove nasce la tua passione per la cucina?
«Fin da piccolo ho cominciato ad appassionarmi. Mio zio gestisce il ristorante “Il Boeucc” a Saronno e ogni volta che ne avevo occasione lo guardavo, cercavo di capire e “rubare”. Tutto è nato da lì, credo».
Quali sono stati i passaggi fondamentali della tua formazione?
«Ho studiato all’IPC Falcone, anche se lo studio non è mai stata la mia passione. Ho fatto il mio dovere, diciamo. Fin da giovanissimo ho fatto esperienze formative importanti: sono andato a Cesenatico, a Londra, a Como, a Milano Marittima per imparare, conoscere. Dove ho imparato a stare in cucina è da “La Piazzetta” di Origgio di chef Michele Mauri: lì ho imparato la cultura del lavoro in cucina. A 19 anni a Londra ho invece imparato a vivere e affrontare le difficoltà».
Quali sono i tuoi punti di riferimento?
«Sicuramente ho due idoli assoluti, il diavolo e l’acqua santa. Il primo è Marco Pierre White, un uomo libero che dice e fa sempre quello che pensa: mi sono tatuato il suo viso sul braccio. Il secondo è Massimo Bottura, che ho avuto la fortuna di conoscere: una persona umile, educata, gentile, che insegna moltissimo».
Come ti sei avvicinato al mondo dei reality?
«All’inizio ero dubbioso. Per me un cuoco deve stare in cucina, sacrificarsi. Mi hanno convinto e ho accettato. Non è la prima volta che affronto un talent: ho partecipato ad un contest in Serbia a 16 anni tra giovani cuochi, ho affrontato il Premio Birra Moretti organizzato da Identità Goloese vincendo due premi e arrivando in finale e ho fatto il San Pellegrino Young Chef, sfidando i cuochi giovani più promettenti d’Italia e ottenendo la possibilità di partecipare alle finali mondiali insieme ad Alessandro Bergamo, secondo chef di Cracco. Mi piace l’idea di poter “rubare con gli occhi” momenti, maniere di toccare il cibo, atteggiamenti. E poi amo l’adrenalina della sfida, lo stress perenne, il mettersi alla prova».
Con Antonino Chef Academy hai superato te stesso, vincendo una sfida lunga sei puntate: cosa ti è rimasto da questa esperienza?
«Appena sono arrivato e ho visto chef Cannavacciuolo ho pensato: “è davvero grande”. All’inizio mi sembrava distaccato, poi ho capito che lo fa perchè osserva tutto, capisce se sei finto, poi si avvicina, scherza, prende confidenza. Ha un rapporto favoloso con lo staff, è una bella persona, un buono vero. Mi piace l’approccio che ha, ho sentito solo parlare bene di lui. Anche quando si arrabbia e urla, dopo 10 minuti si spiega e ricomincia a parlare. Il programma è stata un’esperienza super positiva: era tutto organizzatissimo, preciso, ogni nostra esigenza è stata soddisfatta. Mi è piaciuto subito esserci, mi sono trovato bene soprattutto perchè è un posto dove dimostrare quello che sei e quello che sai fare».
Nei prossimi mesi cosa farà Davide Marzullo?
«Sarà un periodo tosto. Il 2 gennaio andrò a lavorare per 3 mesi a Copenaghen da Noma, uno dei ristoranti migliori del mondo. Sarà un’esperienza importantissima, riuscire ad entrare lì, anche solo per poco tempo, non è facile. Lo chef Cannavacciuolo ha capito e si è dimostrato disponibilissimo: comincerò a lavorare Villa Crespi (il premio del programma, ndr) ad aprile».
La tua vita è cambiata con la notorietà?
«Mah, io non sono mai stato interessato alla visibilità personale. Credo che a 23 anni non si debba stare a casa sul divano, ma darsi da fare per realizzare i propri sogni. Ci vuole sacrificio e dolore, ma poi la ricompensa è dolcissima».
Valori e idee forti, da dove arrivano?
«Devo dire grazie ai miei genitori. Mio papà Alfonso fa il carrozziere e mi ha stimolato sempre, dicendomi di far vedere quello che valgo: è il mio idolo da sempre, lo stimo in maniera immensa. La mamma è la mamma, il mio cuore: è sempre stata disponibilissima con me. Poi ci sono i miei amici ed Elena, la mia fidanzata: fa la pasticciera, ha fatto qualche esperienza tosta e posso dire che è anche più “cazzuta” di me. Sono fortunato perchè ho intorno tante persone positive che mi appoggiano».
Qual è il tuo legame col territorio?
«A Uboldo ci torno ogni volta che posso. Col Saronnese vorrei avere un legame più stretto, scoprire e far conoscere produzioni locali, peculiarità: mio nonno, che non ho mai conosciuto, lavorava alla Lazzaroni e mi piacerebbe ritrovare certi sapori. Ho fatto qualche lezione allo IAL di Saronno e mi sono divertito molto: i ragazzi sono delle spugne, vogliono imparare e restituiscono stimoli importanti».
A Natale cosa si mangia a casa Marzullo?
«Adesso vado a cucinare per i miei amici: abbiamo una cena con trenta persone, ognuno porta qualcosa e io non so ancora cosa fare, anche se immagino si aspettino parecchio da me. A casa quello che non può mancare sono i tortelli di zucca: si mette la zucca in forno, si prende la polpa e si amalgama con ameretto di Saronno e ameretti, poi si riempiono i ravioli che mia mamma cucina con un sugo. senza non è Natale».
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