Lidia Macchi, presentato il ricorso in Cassazione
La procuratrice Gemma Gualdi impugna la decisione dell’Appello per l’ultimo grado di giudizio

La procuratrice generale Gemma Gualdi ha depositato il ricorso in Cassazione contro la sentenza di secondo grado che scagiona Stefano Binda dall’accusa di omicidio.
Il cinquantaduenne di Brebbia venne condannato nell’aprile del 2018 dalla Corte d’Assise di Varese per l’omicidio di Lidia Macchi, assassinata la notte fra il 5 e il 6 gennaio 1987 a Cittiglio dopo essere uscita dall’ospedale dove era andata per fare visita a un’amica.
Il processo partì dopo l’arresto, nel gennaio del 2016 di Binda, finito in carcere con l’accusa di essere lui l’assassino della povera ragazza.
La pena arrivò l’anno scorso: ergastolo. Una decisione completamente ribaltata in Appello a Milano lo scorso 24 luglio con un verdetto di assoluzione per non aver commesso il fatto.
Nelle motivazioni della sentenza i giudici di secondo grado misero in luce l’inconsistenza dell’impianto accusatorio e la mancanza di prove in merito alla colpevolezza di Binda.
Una valutazione che non accetta la procuratrice Gualdi che nei giorni scorsi ha impugnato la decisione in Cassazione: spetterà al giudice di legittimità dire l’ultima parola su un caso giudiziario legato ad un efferato omicidio consumatosi quasi 33 anni fa.
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Guardando da cittadini esterni questa triste vicenda, si rimane davvero allibiti dai meccanismi incomprensibili della giustizia italiana.Dopo aver letto le motivazioni all’assoluzione in appello, la decisione di ricorrere in cassazione sembra davvero incomprensibile,ma in Italia assistiamo ahimè ogni giorno ad una lenta erosione del concetto cardine di certezza della pena che provoca danni inenarrabili.