Il giocatore della mischia
di Giangiacomo Furù

Il racconto della domenica è a cura della scuola di scrittura creativa Edizioni del Cavedio coordinata da Fiorenzo Croci.
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Per diciotto anni avevo giocato in mischia, diciotto lunghi anni, e io solo so cosa è voluto dire, la sofferenza è stata mia, e nessuno la può comprendere, e alla fine la palla è uscita, è arrivata al mediano, all’apertura e poi ai tre quarti, era una palla pulita, degna di una meta, e adesso correva veloce, avevo fatto il mio dovere, e compiere il proprio dovere fino in fondo richiede fatica, è una legge della vita, e sono occorse lacrime, e se dico lacrime intendo lacrime, e poi sangue freddo, tenacia e concentrazione, ho tenuto duro quando era più facile lasciare, e la debolezza mi corteggiava, e nessuno capiva quello che succedeva là sotto, i colpi, le ferite… e il carattere cedeva, volevo piangere, solo piangere, e quando pensavo di non essere più degno, di aver perso tutto, in quella mischia ho ritrovato lo spirito, e non sapevo nemmeno più di averlo, e così dopo diciotto anni la palla è uscita e solo questo importava, alla squadra, al pubblico, agli amici, e ho sentito entusiasmo, ero un giocatore di mischia, e la vita nasceva lì… e forse qualcuno pensa il contrario, che lo stile di uno scrittore viene fuori in modo diverso, qualcuno pensa che basta mettersi in posa per trovare l’ispirazione e che forse ci sono uomini privilegiati che evitano tutto questo, ma se uno non ha vissuto quell’umiltà come fa a guardarsi dentro e dire io sono quello che ha generato tutto e al tempo stesso capire di essere un niente?
Racconto di Giangiacomo Furù, illustrazione di Renato Pegoraro
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