Con la cassa integrazione nel 2019 persi 2.365 euro netti pro capite in busta paga
Lo rivela il rapporto della Uil sugli ammortizzatori sociali. Nel 2019 le ore autorizzate sono state 260 milioni (+20%), salvati oltre 127mila posti di lavoro, ma i salari di operai e impiegati sono stati "alleggeriti" di 301 milioni di euro
Antonio Massafra, segretario provinciale della Uil, lo va dicendo da tempo: «La crisi non è finita e gli effetti li continueremo a pagare ancora per molti anni». A supportare questa sua convinzione ora arriva l’analisi sui dati dell’impiego degli ammortizzatori sociali nel 2019 contenuta nel 12° Rapporto Uil sulla cassa integrazione. (nella foto Antonio Massafra)
Lo scorso mese di dicembre si è chiuso con 16,3 milioni di ore autorizzate che si vanno a sommare a quelle degli altri mesi per un totale di 260 milioni di ore autorizzate nel 2019 con un aumento del 20,2 % rispetto al 2018. Un balzo in avanti su cui pesa la forte richiesta di cassa integrazione straordinaria, 153 milioni di ore (+31,2%), da parte delle grandi aziende. A conferma che l’anno appena passato non è stato dei più performanti per la nostra economia, si è registrato l’aumento del 10,2% delle richieste alla gestione ordinaria da parte di nuove aziende in crisi.
I settori più colpiti sono l’Industria con 221 milioni di ore di cassa integrazione, l’edilizia con 24,5 milioni, l’artigianato con 179 mila ore e il commercio con 14milioni di ore. Sono 50 le province dove la richiesta di Cig è in aumento con in testa Livorno che fa registrare un +646,6%. Tra le regioni la variazione più alta è quella del Molise (+141,6%), mentre la Lombardia si attesta a un + 17,2%. Con i 260 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate si sono salvati in Italia oltre 127mila posti di lavoro, 20mila solo in Lombardia, il 70% riguardanti gli operai e il 30 per cento gli impiegati.
Il rapporto della Uil ha anche calcolato la retribuzione media annua netta persa dai lavoratori posti in cassa integrazione a zero ore nel 2019. Per fare questa simulazione sono state prese come riferimento le retribuzioni medie annue di operai e impiegati, mettendole a confronto con i sussidi erogati e le ore di cassa integrazione autorizzate. Complessivamente nelle buste paga di questi lavoratori nel 2019 sono mancati 301 milioni di euro che corrispondono a 2.365 euro annui pro capite, ovvero il 14,4% della retribuzione totale. Di questo tesoretto perduto, 217,7 milioni arrivano dagli operai, con una perdita pro capite in busta paga di 2.244 euro netti, 83,3 milioni di euro, pari a 2.754 euro medi l’anno pro capite, dagli impiegati.
«È un quadro preoccupante sia a livello nazionale che a livello lombardo – commenta Antonio Massafra – Il valore della perdita in busta paga è pesantissimo. A questo risultato negativo si aggiunge la difficoltà di rinnovare i contratti nazionali di lavoro. L’aumento dei prezzi e delle tariffe a fronte di una perdita del potere d’acquisto dei salari rende la vita difficile alle famiglie. La soluzione c’è e avrebbe effetti immediati: vanno rivalutati i tetti massimi del sussidio della cassa integrazione».
Oggi quei tetti sono fissati per legge a 993 euro lordi mensili, per chi percepisce una retribuzione inferiore o uguale 2.148 euro, e a 1.194 euro lordi per retribuzioni superiori. Attualmente la rivalutazione di questi importi è ancorata al tasso di inflazione che da parecchi anni è quasi inesistente, pertanto, secondo il rapporto della Uil, l’indicizzazione andrebbe legata agli aumenti contrattuali e non solo all’inflazione. «La nostra provincia ha degli indici abbastanza nella norma – conclude Massafra – Questo non vuol dire che dobbiamo stare fermi rispetto a un quadro globale in pieno mutamento. Quanto sta accadendo in Cina da una parte, l’effetto Brexit dall’altra dovrebbero preoccuparci considerato che il territorio di Varese è prevalentemente manifatturiero e ha il suo punto di forza nell’export».
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