Frontalieri, i sindacati chiedono più certezze per i lavoratori
I rappresentanti dei frontalieri di Cgil, Cisl e Uil chiedono maggiori garanzie per i lavoratori che ogni giorno si recano oltre frontiera per lavorare

Sui frontalieri il panorama è ancora troppo incerto. Lo scrivono i coordinatori nazionali dei Frontalieri di CGIL CISL UIL, Giuseppe Augurusa, Luca Caretti e Pancrazio Raimondo.
A seguito dei dpcm dell’ 8 e 9 marzo che hanno disposto misure restrittive a contrasto dell’epidemia di Codiv 19, tra le altre, della mobilità personale, del successivo chiarimento del MAECI che ha confermato la possibilità di comprendere il lavoro frontaliero tra i comprovati motivi per gli spostamenti autorizzati all’interno della zona di contenimento rafforzato, da domenica l’intero territorio nazionale, osserviamo situazioni articolate e atteggiamenti differenti lungo i confini del Paese.
La gran parte dei lavoratori frontalieri da lunedì mattina ha potuto recarsi sul posto di lavoro in Svizzera, San Marino, Francia e Principato di Monaco, dove, in modo differenziato, sono stati segnalati solo problemi di congestione ad alcuni valichi e respingimenti tra chi si è presentato alle dogane privo del permesso di lavoro.
In particolare, è utile ricordare che la scelta della confederazione Elvetica di non porre alcun provvedimento restrittivo del flusso degli oltre 75.000 frontalieri, risponde anche ad una precisa esigenza di salvaguardia del sistema sanitario elvetico, retto sul lavoro dei nostri connazionali, oltreché sul sistema d’impresa. A tal proposito le scriventi OO.SS. auspicano che i Governi di Bellinzona, Coira e Sion, intervengano anche attraverso provvedimenti volti ad incentivare l’uso del telelavoro, riducendo per questa via tanto i rischi connessi alla mobilità quanto gli impieghi arbitrari di formule organizzative incerte in un contesto a basse tutele del lavoro.
Le organizzazioni confederali dei frontalieri sottolineano inoltre come la particolare condizione di interconnessione tra Italia e Svizzera può altresì rappresentare un’occasione di riflessione per un approccio solidaristico tra le aree confinanti, nello specifico di Ticino e Lombardia e Piemonte, di fronte alle grandi difficoltà che il sistema sanitario delle regioni subalpine si troverà inevitabilmente ad affrontare di fronte al rischio pandemia.
Vanno invece evidenziate preoccupazioni di segno contrario di fronte a quanto in queste ora accade sulle frontiere di Austria, Slovenia, Albania e Malta, in relazione alle decisioni unilaterali di limitare fortemente, quando non sospendere temporaneamente le previsioni del trattato di Schengen senza alcun preavviso, e con esso la circolazione dei lavoratori transfrontalieri.
Appare con tutta evidenza urgente che il Ministero degli Esteri si faccia immediatamente promotore di un’iniziativa volta a chiarire i termini e le modalità della sospensione o della limitazione della libera circolazione presso i Governi dei paesi confinanti, chiarendo limitazioni e prospettive anche alle migliaia di cittadini italiani transfrontalieri in queste aree.
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