L’emergenza coronavirus farà riconsiderare l’importanza dell’Ospedale di Cuasso?
La notizia che l'Ospedale entra nella rete per la cura del coronavirus riaccende l'attenzione sulla struttura. L'opinione del Comitato per l'ospedale e del presidente della Commissione socio-sanitaria del Piambello
La notizia che l’Ospedale di Cuasso entrerà nella rete dei presìdi ospedalieri per la cura del coronavirus sta riaccendendo l’attenzione verso la struttura, il suo ruolo e soprattutto il suo futuro.
Il Comitato per l’Ospedale di Cuasso, da anni impegnato nella battaglia contro lo smantellamento della struttura, apre una riflessione.
«L’Ospedale di Cuasso, essendo l’unico ospedale pubblico riabilitativo della provincia di Varese, è sempre stato parte integrante dell’offerta sanitaria pubblica – scrivono i referenti del Comitato, Gian Battista Seresini, Angelo Ferrarello e Ferdinando Buzzi – L’emergenza attuale sembra ci faccia rientrare a pieno titolo nella rete. Abbiamo registrato ogni parola scritta in questo contesto e sicuramente nel momento opportuno la ricorderemo».
Il Comitato precisa che non è sua intenzione polemizzare in questo momento difficile, ma avanza alcune considerazioni: «La severa emergenza Covid 19 sta sottoponendo Il servizio sanitario regionale e nazionale ad una eccessiva pressione al limite di rottura. Questa situazione ci impone di posticipare qualsiasi osservazione e valutazione in merito all’organizzazione generale del nostro Servizio sanitario nazionale. Siamo perfettamente a conoscenza cosa stia avvenendo in Ospedale a Cuasso ma non siamo intervenuti prima considerando la delicatezza del momento e per non diffondere ulteriore panico tra la popolazione. Decidere di dedicare l’Ospedale di Cuasso ad una funzione straordinaria e limitata nel tempo, sarebbe dovuta essere compresa tra le misure adottate dalla Asst Settelaghi e non essere appresa dagli organi di stampa locali; comprendiamo che le decisioni assunte siano in continua evoluzione ma siamo anche in attesa di capire l’esito del bando d’interesse scaduto il 29 febbraio 2020».
«Come “Cuasso”, per questa emergenza, faremo la nostra parte – proseguono i referenti del Comitato – Questo non deve far dimenticare il percorso su Cuasso, che doveva portare ad una regia condivisa tra Regione Lombardia, Ats, Asst Settelaghi, Comunità Montana e Comuni, interrotto dalla pubblicazione del bando d’interesse. Auspichiamo che passato il periodo di emergenza venga riconfermata dall’Azienda la missione riabilitativa (pneumologica e neuromotoria) come base di rilancio per altre iniziative. Constatiamo che, nonostante il sempre sbandierato stato di abbandono e precarietà del luogo, siano sufficienti pochi interventi manutentivi per riattivare un congruo numero di posti letto diversamente da quanto sempre sostenuto dai vertici sanitari. Senza entrare nel merito di tante altre mancanze e criticità, che affrontiamo e continueremo ad affrontare con i vertici aziendali, ci preme sottolineare che da oltre tre anni siamo impegnati per risolvere il problema della telefonia mobile con i vari soggetti interessati; a questo scopo tutto l’ iter burocratico è stato svolto e perciò chiediamo all’Azienda di concludere in tempo utile l’installazione degli apparati. Sarebbe impensabile addossare a questi pazienti un secondo isolamento».
Molti vedono in questa occasione emergenziale una svolta nel futuro di Cuasso: «Vogliamo crederci – conclude il Comitato – e che ci serva come esperienza per il futuro».
Anche il sindaco di Bisuschio e presidente della Commissione socio sanitaria della Comunità montana del Piambello, spera che le cose vadano così: «Questa decisione dimostra che se si vuole veramente fare qualcosa si può – dice Giovanni Resteghini – e mi auguro che questa pur dolorosa occasione possa diventare il ritorno di qualcosa di importante a Cuasso, almeno di una riflessione seria su cosa vogliamo fare di questa struttura. Non so com’è andato il bando per l’affidamento a privati, non è certo questo il momento dal momento che stiamo affrontando un’emergenza, ma mi auguro che una volta finita non si voglia chiudere tutto e buttare la chiave. Restiamo dell’idea che si potrebbe fare qualcosa di buono, purché la regia del rilancio dell’ospedale resti in mano pubblica».
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