I sindaci del milanese chiedono alla Regione di cambiare strategia e fare più tamponi

Un appello per chiedere a Regione Lombardia di cambiare strategia nella lotta al coronavirus e di avviare anche la sorveglianza attiva

coronavirus

È stato sottoscritto mercoledì 25 marzo da 82 sindaci della Città Metropolitana di Milano – e può essere sottoscritto da tutti i sindaci che ne condividono il contenuto – un appello per chiedere a Regione Lombardia di cambiare strategia nella lotta al coronavirus e di avviare anche la sorveglianza attiva.

Tra i sindaci che hanno sottoscritto la lettera, Maria Rosa Belotti (Pero), Susanna Biondi (Busto Garolfo), Angelo Bosani (Pregnana Milanese), Daniela Maria Rossi (San Vittore Olona), Luca Elia (Baranzate), Michela Palestra (Arese), Pietro Romano (Rho), Guido Sangiovanni (Vanzago), Andrea Tagliaferro (Lainate) e Francesco Vassallo (Bollate).

Ecco il testo della lettera:

Chiediamo a Regione Lombardia di cambiare strategia nella lotta al coronavirus. Dal confronto con i medici di base, che hanno il contatto diretto con la popolazione, emerge che a loro giudizio l’epidemia è più diffusa di quello che appare dai dati ufficiali e che conseguentemente il numero di malati è sicuramente più alto.
Molti cittadini sono a casa con sintomi riconducibili al Covid19 ma non ricorrendo alle cure ospedaliere non vengono sottoposti a tampone e quindi non sono tracciati e non essendo tracciati potrebbero contribuire al diffondersi dell’epidemia. C’è inoltre la situazione delle persone sottoposte a quarantena il cui numero appare assolutamente sottostimato e che quindi rappresenta un aspetto del contagio largamente fuori controllo.
Ci sono esperienze all’estero e in Italia, prima fra tutte quella della regione Veneto, che indicano come strada alternativa quella della “sorveglianza attiva” che prevede di fare i tamponi a tutte le persone con sintomi riconducibili al Covid-19, soprattutto le persone che sono a casa ammalate e non ricorrono all’assistenza ospedaliera, e in base al risultato di sottoporre conseguentemente a tampone i familiari e tutte le persone con le quali sono entrate in contatto.
Sono esperienze che hanno dimostrato la loro validità e che, sebbene in ritardo, possono essere introdotte anche nella nostra Regione. Chiediamo per questo a Regione Lombardia di cambiare rotta, di studiare ed attuare con i tecnici delle Aziende Sanitarie e gli esperti di epidemiologia una strategia che punti sulla sorveglianza attiva e sull’assistenza medica domiciliare. E di arrivare alla definizione di un “patto per la salute dei lombardi” esteso a tutti i soggetti coinvolti che condividno una strategia di azione comune. Inoltre evidenziamo la assoluta necessità di sottoporre periodicamente al tampone i medici di base e ancor più di dotarli in giusta quantità di tutti gli strumenti indispensabili per poter eseguire in massima sicurezza l’assistenza al domicilio dei pazienti, che le sperimentazioni in corso in Emilia Romagna dimostrano essere un valido strumento di azione.
I comuni si mettono a disposizione per fare la loro parte, anche individuando e mettendo a disposizione, con il supporto di Regione Lombadia, strutture idonee per ospitare le persone che devono trascorrere il periodo di quarantena e non lo possono fare al loro domicilio. Siamo in ritardo, ma siamo ancora in tempo.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Marzo 2020
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