Varese deserta e surreale
La città è ferma e silenziosa in un pomeriggio di una domenica primaverile. Varese rispetta le regole e sta a casa
Il silenzio ti accompagna lungo tutto il centro della città. È rotto da poche auto e da qualche bus che ancora circola, anche se su tutte le paline alle fermate si legge che dal 23 marzo le corse sono molto ridotte.
Varese rispetta le regole. O almeno lo fa la domenica pomeriggio. Ci sono pattuglie della polizia che girano in continuazione e i carabinieri sono in pianta quasi stabile all’ingresso di corso Matteotti dove fermano chiunque passi di lì.
C’è una strana atmosfera e pochissimi segnali diretti della crisi del coronavirus. A differenza dei paesi non si vedono cartelli con i classici arcobaleni con la scritta “Andrà tutto bene”. Sembra quasi che i negozi abbiano chiuso e domani riaprano come nulla fosse. Fuori da alcuni esercizi scorrono i video pubblicitari. Dalle vetrine delle librerie del centro, giusto una cosa da affezionati, si capisce che qualcosa si è bloccato perché sono esposti i libri come tre settimane fa.
Varese risponde e le persone stanno a casa. Nelle vie ogni tanto sbuca qualche ragazzo in bici che fa le consegne a domicilio. Fuori dalla stazione e in piazza monte Grappa ci sono quattro taxi di turno. “Siamo qui da 130 minuti e non abbiamo fatto neanche una corsa. Un po’ come ogni giorno della settimana”.
In una città quasi da “the day after” gli uccelli si prendono una spazio da protagonisti facendo sentire i loro cinguettii, e con loro le campane. In via Dazio Vecchio, fuori da un locale si trova uno dei pochi cartelli che spiega la ragione della chiusura e rispetto alla data di riapertura si legge: “fino a?”.
Tanto di quello che stiamo vivendo è dentro quella domanda: fino a quando? Ora la risposta la possiamo dare mantenendo quel rigore che si vede nel video: stiamo a casa e non permettiamo al virus di circolare, visto che lo portiamo in giro noi.
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