In carcere nessun caso di coronavirus, il garante: “Grazie ad agenti e direzione, meno allo Stato”
Solo ora iniziano ad arrivare i braccialetti elettronici mentre scende il numero dei detenuti. Matteo Tosi, garante dei detenuti del carcere di Busto Arsizio: "Arrivate le mascherine per gli agenti"
«Il carcere di Busto sta lavorando al meglio per garantire la salute di tutti, ma come gli altri istituti penitenziari è lasciato solo dal Ministero. All’origine della pandemia due detenuti hanno avuto problemi all’apparato respiratorio portando all’interno dell’Istituto molta paura e l’inasprimento di una situazione già delicata. Sono state seguite tutte le procedure del caso e non è successo nulla di grave. Inoltre sono stati messi in quarantena due agenti che hanno avuto casi di contagio tra i familiari». A spiegare la situazione all’interno della casa circondariale bustocca è il garante comunale dei detenuti, Matteo Tosi sperando in un sostegno concreto da parte dello Stato.
«La salute all’interno della struttura è ancora buona, ma non ci resta che sperare che la situazione regga poiché, per quanto vengano rispettate le regole, le persone che vi lavorano entrano ed escono. Sarebbe una buona presa di coscienza se arrivassero delle mascherine in più e più protettive per gli agenti penitenziari che sono forze dell’ordine come tutte le altre» – prosegue Tosi.
Si sente una grande tensione all’interno della casa circondariale di via per Cassano; «se il virus entrasse dilagherebbe in un attimo e ogni sezione è composta da circa 60 persone», ma quello che più preoccupa al momento è l’aspetto psicologico dei detenuti data la situazione incerta di alcuni. Ci sono state molte scarcerazioni (intese come proseguimento della pena in detenzione domiciliare), che hanno portato il numero dei detenuti a scendere ben sotto i 400 rispetto ai 445 circa di inizio pandemia, ma queste non bastano ad allentare la tensione che gioca a sfavore anche dei dipendenti del carcere.
«Si capisce sempre meno sulla situazione di diversi carcerati – ha raccontato il garante Tosi -. Alcuni di loro hanno ricevuto la possibilità di tornare a casa vincolati dal braccialetto elettronico, ma di questi dispositivi ne arrivano pochi, quindi a seconda della pena e dal giudizio del Magistrato solo alcuni possono essere effettivamente scarcerati. Si prevedeva di scarcerare tutti i detenuti sotto un anno, ma questo non è avvenuto nonostante il garante nazionale, Mauro Palma, aveva assicurato che fosse una proposta arrivata a buon punto. In una cella da due sono dentro in quattro per cui il distanziamento viene a mancare. Svuotare l’Istituto vorrebbe dire gestire tutto in maggiore sicurezza».
La tensione in carcere non si allenta nemmeno a tavola: «Il Coronavirus ha incrementato le situazioni di povertà. Le famiglie disagiate non hanno i soldi per i pacchi spesa ai loro congiunti e altre, invece, hanno problemi a raggiungere via per Cassano. Date le diverse collette che sono state organizzate sul territorio, l’augurio è che l’amministrazione comunale ci sostenga facendo arrivare qualche pacco alimentare in struttura» ha chiosato Matteo Tosi sottolineando che «l’aspetto fondamentale per mantenere un equilibrio all’interno di una qualsiasi casa circondariale è sentire la vicinanza della comunità».
L’abbandono dei detenuti risulta essere prettamente psicologico, ma la direzione si è occupata di prendere provvedimenti per allentare la tensione: «Sono annullati i colloqui fisici e qualsiasi attività di laboratorio, ma da una chiamata a settimana ora hanno la possibilità di farne tre, tra cui anche in modalità di videochiamata. Inoltre sono state date in dotazione le cuffie auricolari in modo che il detenuto possa chiamare i famigliari senza dover toccare il telefono, usato chiaramente da tutti. Si tratta di accorgimenti che umanamente parlando ha fatto sentire tutti più tutelati».
«I detenuti sono grati di aver ricevuto subito dalla direzione le chiamate in più e aver visto gli agenti con le mascherine, ma dall’altro la mancanza del braccialetto per poter scontare la pena ai domiciliari (tra i 12 e 24 mesi) ha lasciato l’amaro in bocca. Purtroppo si tratta di un problema che non dipende dal carcere, bensì dal Governo» ha concluso il garante che insiste nel chiedere più sostegno al lavoro della Polizia «perché sono gli uomini dello Stato che fanno la differenza».
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