“Danni polmonari gravi: questo virus è pericoloso. Non è tempo di euforia”
Il primario di pneumologia dell'ospedale di Circolo spiega come agisce il Covid sui polmoni e raccomanda responsabilità nella fase della ripresa
«I primi pazienti sono arrivati nel nostro reparto di sera. Ci avevano avvertito. Spostavano ammalati dagli ospedali di Cremona e Crema. Erano le 18.30. Abbiamo continuato a ricoverare fino a mezzanotte» La dottoressa Cinzia Gambarini, primario del reparto di pneumologia dell’ospedale di Varese, non potrà mai dimenticare la prima “ondata” d ricoveri: « Arrivavano tutti spaventati, disorientati e soli. Con la direzione strategica dell’azienda abbiamo velocemente diviso il nostro reparto in due: uno per i pazienti che ancora avevamo ricoverati per patologie tradizionali e uno destinato ai Covid. Non eravamo preparati. Abbiamo velocemente copiato il modello degli infettivi, costruendo percorsi “puliti” e “sporchi”, obbligatori per mantenere tutti in sicurezza».
Il coronavirus è arrivato come un tornado nel reparto, abitato a gestire problemi polmonari e respiratori ma non la complessità professionale, emotiva e organizzativa: « Presto, abbiamo convertito tutti e 48 i letti per Covid e solo da due settimane abbiamo riaperto una zona di 24 letti per i Covid che si sono negativizzati ma sono ancora in condizioni fisiche precarie. Personalmente, ho vissuto un’esperienza intensa fatta, sì, di professione, scienza, confronti continui con i colleghi per identificare nuovi approcci e protocolli e linee guida, ma anche di tante emozioni. I più fragili avevano bisogno di umanità: eravamo gli unici contatti con il mondo. Lontani da casa, senza il conforto dei parenti, si affidavano a noi e ai nostri gesti quotidiani, piccole gentilezze, atti banali ma che per loro volevano dire “non sentirsi abbandonati”. Mi ricorderò sempre l’emozione di una paziente, una suora, che aveva superato una fase acuta molto difficile, quando ha visto le nipoti in videochiamata. Oppure un medico di Bergamo, quarantenne con moglie e figli piccoli: anche lui in grande difficoltà. Era il lunedì di Pasquetta e gli abbiamo fatto una sorpresa. Abbiamo videochiamato la moglie: ha potuto rivedere la sua famiglia, i bambini che non sentiva da settimane. Tante di queste storie rimarranno scolpite nella memoria».
Oggi, la pressione sul reparto di pneumologia si è allentata: « Abbiamo dimezzato i posti letto dedicati e ci avviamo a ritornare lentamente alla normalità. Ma questo virus fa ancora paura . In alcuni pazienti provoca danni ai polmoni che dovremo tenere sotto controllo per mesi. Il danno sul parenchima polmonare risulta importante anche nei soggetti giovani. È una malattia infiammatoria pazzesca da cui, però riteniamo si possa guarire completamente con il tempo. Abbiamo ricoverati molti pazienti che sono rimasti intubati in terapia intensiva anche tre settimane. La riabilitazione è lunga e complessa. Fortunatamente abbiamo un’equipe di fisioterapisti del respiro eccezionali. Ci vuole pazienza, molta molta pazienza. In alcuni soggetti, forse per predisposizione, la carica virale ha innescato una reazione infiammatoria molto violenta».

La dottoressa Cinzia Gambarini sa che, se l’ospedale è riuscito a dare risposte adeguate, se il suo reparto ha tenuto testa al Covid e ai danni che provocava, è anche grazie a una squadra che non ha mai mollato: « Tutti, medici infermieri, Oss, tecnici, fisioterapisti. Ma anche la direzione aziendale e i colleghi degli altri reparti con cui condividevano qualsiasi idea, dubbio, novità. Nessuno si è mai tirato indietro. Lavoravano in condizioni davvero difficili, imbarcati in tute e mascherine soffocanti. Stanchi, stremati, ma sempre in prima linea. Questa certezza, di lavorare con persone così speciali, mi dà una grande tranquillità».
E sul futuro? « Confido nella responsabilità della gente. Questo virus è infido e pericoloso. Occorre grande attenzione: nella nostra provincia ha circolato poco. Non è tempo di euforia»
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