La Riviera Romagnola si prepara all’estate 2020

Gli hotel puntano alla promozione del brand ”Riviera Romagnola” facendo leva sull’esperienza acquisita e sulla comunicazione

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La Riviera Romagnola si prepara all’estate 2020. Nonostante le incertezze e il lockdown ancora in corso, le strutture ricettive muovono i primi passi verso la bella stagione. Parola d’ordine: non farsi cogliere impreparati.

Gli hotel puntano alla promozione del brand ”Riviera Romagnola” facendo leva sull’esperienza acquisita e sulla comunicazione.

“Mai come in questo momento è importante fare rete, scambiarsi  pareri ma anche speranze, paure e perplessità” commenta Lucio Bonini, socio fondatore della Web agency Info Alberghi Srl, che promuove quasi 1300 hotel sulla Riviera.

Ma cosa stanno facendo gli albergatori? I sentimenti sono contrastanti. Facce di una stessa medaglia: c’è chi esprime timore e c’è chi è pronto a ripartire. Ognuno ha le sue ragioni.

C’è chi  pronto a riaprire il suo hotel…
Come Barbara Bernabè, riccionese, albergatrice da tre generazioni. Il suo Acquamarina Hotel, 27 camere, messo in piedi dal nonno 50 anni fa, si sta preparando alla riapertura, ricalibrando routine di lavoro e riorganizzando spazi e abitudini per rendere più sicura la vacanza dei suoi ospiti.

Barbara, lei è molto positiva…
“Credo nel mio lavoro e mi piace molto farlo. Nonostante le mille paure abbiamo deciso di non fermarci, anzi stiamo lavorando di più, inventando nuove soluzioni per garantire sicurezza sanitaria e per rendere più sereno il soggiorno dei nostri ospiti”.

Da dove ha iniziato?
“Ho iniziato dalla comunicazione. Abbiamo continuato a parlare con i nostri ospiti su Facebook, via WhatsApp e con tutti i canali che facessero percepire la nostra vicinanza. Tantissimi sono stati contenti di sentirci, confermandoci la voglia di scappare per venire a trovarci anche solo per qualche giorno”.

Nonostante mille incertezze lei è pronta a riaprire, quindi…
“È la prima volta che gestisco l’hotel da sola (nei 27 anni precedenti lo aveva fatto insieme ai genitori e al fratello, ndr), sento addosso molte responsabilità. I miei vecchi clienti ma soprattutto il mio staff. Il primo pensiero è stato per loro, per i miei ragazzi: se non riaprissi avrei sulla coscienza 10 famiglie, 10 famiglie che non percepiscono reddito o che lo vedono decurtato. Sento forte la responsabilità nei loro confronti”.

La scelta di aprire è comunque una scelta aziendale?
“Certo. La mia è in primo luogo un’azienda. Se non aprissi i miei ospiti andrebbero in un altro hotel. E il prossimo anno con la crisi sanitaria alle spalle potrei ritrovarmi con un nuovo staff e con dei nuovi clienti. Un doppio suicidio! Per questo ho deciso, seppur con fatica di aprire e magari prolungare la stagione fino a ottobre o dicembre… è tutto in divenire!”.

Entriamo nel merito delle attività, come vi state organizzando?
“Sanificazione degli spazi, colazione in camere, monoporzioni di verdure preparate in cucina in modo da evitare i buffet, macchine per sanificare l’aria negli spazi comuni e nelle camere… sono solo alcune delle soluzioni a cui stiamo pensando”.

Tutta questa attenzione è un valore aggiunto!
“Noi ci crediamo tanto. Crediamo che in futuro le persone faranno caso a questi accorgimenti, al fatto che la loro salute viene messa al primo posto. E perché no, un motivo per farci scegliere da un nuovo cliente”.

C’è chi ha più dubbi e teme di non ripartire…
Se da una parte Barbara non ha dubbi sulla riapertura della sua struttura c’è chi invece ha più perplessità e si interroga sul “peso” delle normative troppo stringenti. E poi: “sulle spalle di chi” questo peso andrebbe a gravare?

Un albergatore di Rimini (che preferisce mantenere l’anonimato) è chiaro nel dire che “sino a questo momento ho risposto in modo vago ai miei clienti. Loro vogliono sapere se aprirò la mia struttura in questa difficile estate 2020. Io rispondo che sarò ben lieto di accoglierli se le condizioni amministrative e sanitarie lo permetteranno”.

Cosa significa? Quali sono le preoccupazioni di questo albergatore?
Lei ha molte perplessità, ce ne parli…

“Io vorrei riaprire il mio hotel, però voglio che ci siano le giuste condizioni per farlo. In questo momento c’è chi parla di responsabilità del contagio. Perché mai dovrei aprire la mia struttura rischiando non solo una perdita economica ma anche una quarantena nell’eventualità si registri un caso nel mio hotel? È insostenibile anche solo pensarlo. Oltre al danno ci sarebbe anche la beffa!”.

Ovviamente valuta anche una perdita economica.
“È la prima cosa che ho messo in conto. Aprire una struttura vuol dire sostenere spese di personale, utenze, pratiche, pubblicità, ma pur di non perdere i miei clienti sarei disposto ad andare in pari. Ciò non toglie che non posso trasformare l’hotel in una casa di cura”.

Sono già state indicate delle linee guida per gli hotel, anche se non sono definitive…
“Le linee guida non sono un problema. Ovviamente userei le mascherine e tutte le forme di protezione necessarie al cliente e al personale, compreso il rispetto delle distanze, l’utilizzo di prodotti igienizzanti e  una maggior cura e attenzione nel servizio delle vivande. Ma oltre non posso andare”.

A quale “oltre” si riferisce?
“Ho sentito parlare di obbligo di misurazione della febbre, della redazione di una cartella per cliente con eventuali disturbi auto certificati o addirittura diagnosticati dall’osservatore all’accettazione (che in questo caso sarei io), capite che è impossibile pensare di lavorare in questo modo”.

Speriamo che tutto si chiarisca nelle prossime settimane, allora…
“Sì e speriamo che amministrazioni locali e autorità sanitarie ci mettano nelle condizioni di lavorare. Già c’è un clima di enorme incertezza e mi sento un eroe all’idea di aprire mettendo in discussione la sostenibilità economica dell’impresa, la mia salute, quella della mia famiglia e del mio personale. Non mi si chieda di più”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Aprile 2020
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