“Le prossime due settimane saranno cruciali: ci si salva se rimaniamo distanti”
L'uso delle mascherine, la distanza dai parenti, l'impossibilità di tracciare il virus. La dottoressa Giovanna Scienza spiega perché i prossimi 15 giorni potranno cambiare le situazione
«Oggi abbiamo le idee un po’ più chiare. Siamo più preparati ma non è sufficiente. Questo virus si combatte solo se davvero saremo capaci di tenere le distanze».
Dopo due mesi passata in trincea come tutti i medici del territorio, la dottoressa Giovanna Scienza invita a non abbassare la guardia: « Non illudiamoci di aver sconfitto il virus. E, soprattutto, non pensiamo che la mascherina ci salverà. Attenzione, sono importanti ma non sufficienti. Vanno bene quelle chirurgiche, indossate bene su naso e bocca, perchè l’importante è bloccare le famose “droplet” le goccioline che trasportano il virus. Le Fpp2 e le Fpp3 servono al personale sanitario: proteggono molto, questo è sicuro, ma hanno una durata di 6 o 8 ore. E non serve disinfettarle, non hanno più il loro potere isolante. Se poi la mascherina ha la valvola, diventa anche pericolosa perché da lì escono le goccioline: è un barriera che non protegge gli altri».
L’avvio della “fase 2” sarà delicata e indicativa secondo la dottoressa Scienza: « Se il 20 di maggio avremo un “RO” ( il rapporto di contagio) attorno 0,5 avremo fatto bingo. Vuol dire che ci stiamo comportando bene e il virus circola meno. In questo periodo, se ci pensate, ci sono anche molti casi in meno di raffreddori: l’isolamento ferma la veicolazione del virus. Tra due settimane sapremo se potremo permetterci ottimismo oppure dovremo di nuovo chiuderci e isolarci completamente».
A due mesi dall’inizio dell’emergenza, passi avanti sono stati fatti anche dalla medicina del territorio: « Io faccio parte della Cooperativa Medici Insubria e ci siamo mossi subito per reperire i dispositivi di protezione. Il 3 di marzo avevamo già mascherine, camici, guanti e visiere. Poi abbiamo costruito una rete di assistenza per monitorare i pazienti: abbiamo stretto accordi con alcuni centri del privato accreditato dove mandavamo e mandiamo i nostri pazienti “sospetto covid” per fare una tac torace. Appuntamenti nel giro di 2 giorni, secondo percorsi in sicurezza. Ne abbiamo fatte 380 di cui l’80% sono risultate polmoniti da covid. Così li abbiamo curati soprattutto a casa, inviandone pochissime in ospedale. Io, personalmente, ho inviati 3 pazienti, sempre tempestivamente così da contenere i danni del virus. Abbiamo capito i livelli di saturazione indicativi dell’evoluzione problematica della malattia e abbiamo agito di conseguenza. Abbiamo aperto il nostro Centro servizi a tutti i medici e sono stati circa 177 i colleghi che hanno lavorato con la piattaforma».
Oggi la curva dei contagi continua a salire seppur in modo contenuto: « Le criticità sono ancora due: le casa di riposo che continuano a essere ambienti ad alto rischio e le famiglie dove non è possibile isolare efficacemente. Per questo, in vista della Fase 2 , non possiamo abbassare la guardia: potremo andare a trovare i parenti, ma manteniamo ancora le distanze, troviamoci all’aria aperta, evitiamo baci e abbracci. È uno sforzo ma vale la pena privarsi oggi per poter ritrovarsi di nuovo il prima possibile. Mantenere le distanze vuol dire limitare la possibilità di circolazione del virus. Più delicata è la situazione nelle Rsa e RSD dove i contagi possono sfuggire e colpire sia gli ospiti sia gli operatori che, a loro volta, lo portano in famiglia».
In questo momento, dunque, non c’è alternativa all’isolamento: « Manca un test rapido che possa individuare dove si annidi il Covid. Il monitoraggio dell’influenza, per esempio, passa dalla medicina del territorio dove ci sono medici sentinella che, attraverso il tampone, evidenziano la malattia così la comunicano alle autorità sanitarie che tracciano l’andamento della curva epidemica. In questo caso, però, noi sentinelle sul territorio non abbiamo mezzi di tracciamento: finché non si potrà avere test rapidi, sfuggirà l’andamento epidemico e saremo sempre a rischio. Anche i test sierologici che stanno facendo non sono indicativi della malattia in atto ma solo dello sviluppo degli anticorpi. Nessuno però, attualmente, sa dire il valore di quella immunità, quanto protegge e per quanto tempo. Oggi, quindi, sappiamo solo che: ci si salva se si rimane distanti».
La soluzione, finché non si troverà il vaccino, rimane una sola. È un comportamento responsabile, perché il risultato dipende da ciascuno di noi.
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Sempre il top la dottoressa. Brava Giovanna