L’emergenza e la necessità di cambiamenti nella scuola
La riflessione di Silvia Bombetti, pedagogista, insegnante e mamma, sulla necessità di rivedere tempi, modi e contenuti della didattica a distanza

L’emergenza ha modificato l’operatività scolastica e sembra evidente che la didattica a distanza (DAD) sia l’unico strumento attraverso il quale la scuola stessa potrà continuare ad essere presente nella vita degli studenti, ma l’organizzazione attuale sta portando all’esasperazione persone e sistemi.
Sappiamo di docenti stremati per l’infinito tempo trascorso davanti al pc per programmazione, video conferenze, video lezioni e tutto quello che ci sta impegnando in questa fase. Sentiamo però altrettanti genitori esasperati per l’affiancamento richiesto dal carico scolastico assegnato, ingestibile dagli alunni in autonomia, o genitori i cui figli hanno al massimo due ore di lavoro a settimana, assegnato attraverso schede da stampare e re-inviare a prova del lavoro svolto.
Paradossale che dal combattere l’eccessivo utilizzo dei dispositivi, siamo ridotti ad usarli per ore ed ore nell’assurda rincorsa a mantenere la normalità infranta.
Quale obiettivo si persegue con questo nuovo “modello”, ovviamente mai sperimentato, ma forse anche poco ragionato?
Vengono assegnati compiti (spesso preconfezionati), illudendosi che il loro svolgimento corrisponda all’assimilazione di contenuti: così il programma va avanti ma, alcuni docenti sono esasperati anche dal carico delle correzioni. Il tempo della correzione può essere convertito in tempo di apprendimento per gli studenti, attraverso video lezioni tese a sviluppare gli argomenti attraverso questa nuova dimensione di trasferimento del sapere.
In molti casi poi il compito sarà il risultato di un lavoro fatto con mamma o papà e che quindi la correzione è relativa ad un “compito famigliare”. Interroghiamoci sul senso e sul fatto che alcuni docenti valutano questi compiti.
Capiamo perché la scuola abbia come scopo principale e irrinunciabile, in questo momento, la valutazione, soprattutto dopo la posizione ministeriale del “tutti promossi”.
Obiettivo della scuola è l’apprendimento con relativa acquisizione di competenze, conoscenze e correlati; come poter conservare questo mandato, in una situazione trasformata?
La vicinanza potrebbe essere un primo elemento e questa non può non prevedere che gli alunni vengano accompagnati dai docenti, all’elaborazione di quello che stanno vivendo. La riflessione è apprendimento e processo di interiorizzazione, oltre che di rassicurazione (i bambini chiedono di raccontare sempre le storie note… perché danno loro sicurezza).
Il cambiamento va accompagnato dal pensiero sulle differenze. Chi deve guidare questo processo, se non gli adulti (educatori) appartenenti all’istituzione scolastica?
Proporre lavori di riflessione scritti o orali, in ottica inclusiva, che aiutino a rintracciare le diversità tra la situazione passata e quella attuale. La riflessione sul presente è indispensabile per strutturare gli alunni alla vita, alle situazioni di cambiamento, al pensiero flessibile, alla capacità di riconoscere le priorità e di leggere la realtà, competenza necessaria per la vita.
Possiamo raccontare storie che insegnino la lettura del tempo, da quello passato a quello che stiamo vivendo, ma raccontiamole. Inviamo la nostra voce, non anonime pagine di libri. Leggiamo e offriamo lo spazio per l’ascolto della voce che li accompagnava a scuola e che ora, può essere la traccia che unisce nella distanza.
La sfida sta nel dimostrare agli alunni che ci sono adulti competenti, che sanno essere presenza che lascia il segno, non solo perché li impegna in attività chiamate compiti. I compiti dati così, sono quelli delle vacanze!
Possiamo proporre lezioni attraverso la propria persona. L’apprendimento avviene a lezione, più che nella sperimentazione che si lascia fare in autonomia agli studenti.
Il compito è potenziamento e va assegnato solo dopo aver affrontato insieme e consolidato i contenuti.
Serve poi una riflessione sul tempo dilatato della DAD, un tempo operativo alterato rispetto a prima e che richiede un adattamento del paradigma temporale dei programmi didattici. Immaginiamo di inviare una lettera e lasciare al destinatario i tempi per una possibile risposta.
I docenti possono fare la differenza proponendo un modello di scuola di vita che recuperi la maieutica anche se in un rapporto a distanza.
In passato abbiamo perso parte della scuola quando, per mancate risposte, abbiamo lasciato che i sanitari, entrassero a impostare e imporre una didattica per bes e dsa. Proviamo a creare un modello rispondente ai bisogni, senza coinvolgere o sconvolgere altri sistemi. Ripensiamo ai contenuti fondamentali da trasmettere e condividere, ai tempi per l’apprendimento e alla funzione fondamentale che un docente può avere in questo momento storico, nella vita di chi rappresenta il futuro della società.
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