Si riaccendono (per protesta) le insegne di bar e ristoranti: “Rischiamo di non aprire più”
Questa sera flash mob nazionale del Movimento imprese ospitalità anche a Varese. La categoria rivendica la necessità di chiarezza: "Vogliamo certezze ora su aiuti economici e dispositivi di sicurezza"
![varese deserta coronavirus](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2020/04/varese-deserta-coronavirus-797646.610x431.jpg)
Si riaccenderanno (per protesta) questa sera, martedì, alle 21 le luci di molti bar e ristoranti, spente da ormai due mesi a causa dell’emergenza coronavirus. L’Italia assisterà ad un primo segnale dello scontento che inizia ad emergere, soprattutto in alcune categorie di imprenditori e lavoratori, per come il governo sta gestendo l’ormai famigerata fase 2 (nella foto il centro di Varese deserto, scattata da Franco Aresi).
A dare questo segnale saranno i baristi, i ristoratori e tutti coloro che lavorano nella filiera che rappresentano la punta di un iceberg molto grande, quel grande “Ristorante Italia”, fiorito dopo Expo 2015 tra cucine gourmet, altissima specializzazione, prodotti a filiera corta, esaltazione della dieta mediterranea che tanto ci rende famosi nel mondo. Per loro la riapertura è slittata al 1° giugno e il malcontento, fino ad ora celato, è sul punto di esplodere.
L’evento prevede due step. La serata del 28 aprile i commercianti che aderiscono sono invitati ad accendere le insegne dei propri locali, provocatoriamente, per l’ultima volta. La serata poi prevede un collegamento live con il gruppo Mio (Movimento Impresa Ospitalità, nato a Bari con l’appoggio del sindaco De Caro). Ci saranno in collegamento più di 30 live grazie alla piattaforma di videochiamata Soom e sarà visibile sulla pagina facebook “Mio”. Quella della zona di Varese sarà visibile sulla pagina facebook “La cucina di Altamura”. Il secondo passaggio avverrà il 29 tutti i sindaci di tutti i comuni riceveranno la lettera della consegna delle chiavi dei locali con le quali il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio De Caro, presenterà una serie di richieste al Governo.
Cosa chiedono i ristoratori e i baristi a governo e associazioni di categoria? Di condividere le soluzioni per la fase 2 su temi come cassa integrazione, prestiti, sconti sugli affitti. Serve un pacchetto integrativo per tutelare il lavoro dal momento in cui si andrà a riaprire. L’obiettivo – dicono gli appartenenti al movimento – è quello di evitare che alle vittime del Covid si aggiungano altre vittime, migliaia di commercianti che a proprio rischio devono ripartire con lo spettro del fallimento accertato. In sostanza se i costi resteranno al 100%, non si può sopravvivere incassando il 30%.
Franco Sangiorgio, proprietario di Forbar (azienda che fornisce prodotti per la ristorazione), sarà anche lui nel suo showroom di Gazzada Schianno: «Mi faccio portavoce di tutti i miei clienti, sia di chi è un po’ più arrabbiato, sia di chi vuole solo alzare il dito e far conoscere la propria condizione. Abbiamo tantissimi clienti e stiamo ascoltando storie inquietanti che si ripetono. Quello che voglio fare stasera è rappresentare il disagio e la mancanza di attenzione su alcuni particolari. Il nodo centrale è questo: massimo rispetto per le misure messe in atto dal legislatore per contenere l’emergenza sanitaria ma dall’altra parte chiediamo di opter discutere quelle che sono le modalità per farlo. Chi sta decidendo non conosce il nostro mondo. Il presidente Conte dice delle cose non precise su questa categoria e questo fa arrabbiare molti che da quasi due mesi vivono nell’incertezza».
Maurizio Altamura del ristorante “La cucina di Altamura” aderisce in pieno al movimento: «Mi sono fatto carico di una voce un po’ più grande. Indichiamo un percorso per creare un movimento di imprenditori che vuole fare, sul modello di quanto sta avvenendo ad esempio in Puglia. Non vogliamo metterci in competizione con le associazioni di categoria ma affiancarle cercando di unire quanti più imprenditori possibile. Il concetto fondamentale deve essere il noi che deve venire fuori: è la grande lezione che ci sta dando questo virus. L’unione di intenti a prescindere da idee politiche e associazioni di riferimento».
Raffaele “Skizzo” Bruscella del Batazar di via Cavallotti rappresenta l’ala meno movimentista ma che ha le stesse esigenze: «Ho deciso di farlo pur non aderendo ad alcuna sigla, ci uniamo comunque alla manifestazione nazionale. Metteremo un po’ di musica, faremo dirette social, ci collegheremo con colleghi di altre zone d’Italia. Abbiamo una chat che ci sta unendo. Siamo un grande orto in cui tutti coltivano un pezzettino, come dice Altamura. Ci sono quelli che non vedono l’ora di aprire e quelli che non si mettono in gara perchè chiedono che venga garantita prima di tutto la salute di clienti e dipendenti. Chiediamo tutti, però, di mantenere le promesse fatte soprattutto dal punto di vista economico e di dare regole certe e definitive per garantire sicurezza e salute. In questo momento se fossi una banca non mi fiderei dell’Italia».
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saranno tanti quelli che vorranno andare a cenare al ristorante se i contagi non si fermano?
Il senso della protesta di baristi e ristoranti non ha nulla a che fare con la data di riapertura. Chiedono regole certe per i dispositivi di protezione e un aiuto economico per ripartire