Per il tampone basta un “pit stop”. Ma servono i laboratori
Sono una 70ina i tamponi che tutti i giorni vengono effettuati nella tenda della Croce Rossa a persone positive al Covid, senza far scendere il paziente dall'auto. Il problema rimangono i laboratori per analizzare i test
Un vero e proprio pit stop: non si scende neanche dall’auto, si fa tutto affacciati al finestrino e poi si riparte. Un paio di minuti al massimo. Questo è quello che ci vuole per fare il tampone per il Covid-19 nella tenda allestita nel parcheggio della sede dell’ATS a Varese. È qui che da fine marzo si gestiscono le persone che sono risultate positive al Coronavirus e che, dopo le due settimane di isolamento, provano a capire se sono guariti oppure no.
Tra una tenda e un gazebo della Croce Rossa vengono fatti i test per persone che hanno bisogno di rientrare a lavorare il prima possibile, quelle che sono in prima linea nella lotta all’emergenza: personale sanitario e parasanitario, lavoratori nelle case di riposo e forze dell’ordine. A far spalancare la bocca ai pazienti per fare il tampone ci sono i dentisti, professionisti che si sono messi messi al servizio del Comitato varesino della Croce Rossa per aiutare il sistema sanitario, e che questa volta in mano non hanno trapani o aspiratori ma dei grossi cotton fioc.
Per fare il tampone, infatti, le attrezzature necessarie non hanno nulla di fantascientifico: un bastoncino cotonato sterile e una provetta. Il problema è che ogni test deve essere analizzato in laboratorio ed è qui che c’è l’imbuto che sta rallentando tutte le procedure.
È proprio sulla capacità dei laboratori che si determina la quantità di tamponi. Nel parcheggio dell’ATS, ad esempio, sono tra le 60 e le 70 le auto che tutti i giorni sfilano davanti alla tenda della Croce Rossa, tanti quanti i tamponi che possono essere processati. Se ne potrebbero fare molti di più, assicura chi sta operando, ma senza nessuno in grado di analizzarli sarebbe inutile.
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