Gianfranco Parodini, l’amico dei lavoratori
Il ricordo di Bruno Ravasio
Caro Mario (Agostinelli),
in questi tempi feroci ci sentiamo saltuariamente per rassicurarci sulla nostra salute oppure per informarci reciprocamente della scomparsa di amici e compagni comuni. Questa mattina mi hai chiamato per la seconda ragione. Gianfranco Parodini, quel rissoso, irascibile tenerissimo compagno se ne è andato.
Un altro pugno pesante nello stomaco, un’altra notizia durissima da sopportare, un altro vuoto che si aggiunge ai tanti vuoti che alla nostra età si spalancano sotto le nostre vite, un altro compagno non so se vittima di questo stramaledetto Covid 19 che sembra accanirsi contro la nostra generazione, forse colpevole di aver provato tanti anni fa a cambiare il mondo e ancora di immaginarlo, o di un altro male altrettanto vendicativo. Non riesco a consolarmi, oggi, con il pensiero che c’era da aspettarselo, troppo forte il dolore di Gianfranco per la perdita di Gabriella, troppo evidente il suo disinteresse a vivere senza la sua compagna di vita e di lotta.
Non riesco a consolarmi perché Gianfranco, che pure non vedevo da molti anni, è stato – con Gabriella – un compagno che ha segnato la mia vita. Ricordo quando sono arrivato alla Filtea regionale di aver trovato in lui un dirigente serio, preparato, con una grande competenza tecnica e una grande passione ideale. Rosso ed esperto, si diceva allora, ma lui era molto di più, era un amico delle lavoratrici e dei lavoratori e in nome loro passava le notti studiando e preparando le trattative. In quella nostra grande battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro in cambio del pieno utilizzo degli impianti con cui cercavamo di opporci con le unghie e con i denti all’idea del settore maturo lui conquistò il primato assoluto alla Caprotti. Se non ricordo male ventotto ore settimanali pagate quaranta! E alla Caprotti, il cui padrone era proprio quel Caprotti che poi fondò la Esselunga e non volle più saperne di sindacato e ci scrisse anche un libro.
Un grande sindacalista dunque, ma modesto – come Gabriella – che non ha mai pensato alla carriera, solo pago di lavorare in rappresentanza dei lavoratori. Io ero orgoglioso della sua amicizia, che mi esprimeva con quel suo modo ironico dietro il quale nascondeva una forte carica affettiva. Mi restano di lui le mail che periodicamente mi inviava a commento della situazione politica, l’abbraccio da lontano quando è morta Gabriella, il ricordo di una grande persona come è sempre più difficile trovarne.
Abbraccio anche te, Mario, e ti prego di estendere le mie condoglianze alle figlie di Gianfranco e a tutti i compagni di Varese.
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