Mai più paesi senza banda larga. Eolo investe altri 150 milioni di euro
Prosegue il piano dell'azienda guidata da Luca Spada per vincere la sfida del digital divide nelle aree svantaggiate. «Non ripetiamo gli errori del passato. Serve una regia che coinvolga anche i privati»

Si dice che non tutti i mali vengono per nuocere. La pandemia di male ne ha fatto tanto, ma durante il lockdown tutti hanno potuto rendersi conto di quanto sia importante avere un’infrastruttura per la connettività alla rete internet adeguata. Una consapevolezza che Eolo, operatore di telecomunicazioni di Busto Arsizio, ha già da parecchi anni e che da tempo ha convinto i suoi vertici a investire per portare la banda larga e ultralarga nelle cosiddette aree bianche.
L’azienda copre infatti già il 78%, circa 6.000 comuni, dei territori italiani svantaggiati con la rete Fwa (Fixed wireless access), tecnologia che utilizza un sistema ibrido di collegamenti via cavo e senza filo per offrire servizi di connettività a 30 e a 100 megabit. Ne beneficiano un milione e 200mila persone e circa 70 mila istituzioni, pubbliche e private, comprese tante aziende.
Luca Spada, fondatore, presidente e ceo di Eolo, ha annunciato la prosecuzione di quel piano, già operativo, con un ulteriore investimento di 150 milioni di euro, mezzi propri messi a disposizione del Paese per colmare il digital divide dei comuni che ancora non hanno una connessione alla rete degna di questo nome.
Quando in Italia ancora nessuno sapeva cos’era la rete Fwa, Eolo era tra i primi operatori a investire sullo sviluppo di questa tecnologia. «Abbiamo iniziato nel 2006 e portato la nostra rete in aree dove questa tecnologia non esisteva – spiega Spada -. Oggi possiamo dire che la sfida è vinta e contiamo con questo investimento di completare la copertura nei rimanenti comuni».
Spada cita lo slogan della campagna che accompagnerà Eolo in questo ulteriore passaggio: «Sono i piccoli comuni a rendere grande l’Italia». Per completare l’opera ne rimangono ancora 1.500, soprattutto nel sud dello Stivale. La tabella di marcia prevede il completamento entro il 2021, ma il progetto potrebbe procedere più speditamente e con un risparmio di costi se ci fossero tre condizioni di contesto diverse dal passato.
La prima riguarda gli operatori di telecomunicazioni che non dovrebbero replicare strutture fisiche ma cooperare per utilizzarle in condivisione. La seconda è relativa al ruolo dello Stato che dovrebbe occuparsi solo della fibra ottica e non sovrapporsi agli operatori privati nella predisposizione della rete Fwa, scelta che liberebbe ulteriori risorse per potenziare la rete via cavo. «Infratel – spiega Spada – ha stimato di coprire il 20% delle aree bianche con tecnologia Fwa e il restante 80% in fibra. C’è dunque il rischio di una duplicazione e di uno sperpero di denaro pubblico su una infrastruttura che già esiste. Sarebbe necessario un tavolo di regia per un’operazione così importante».
Uno al Mise c’è già ma curiosamente si è ben guardato dal coinvolgere gli operatori privati.
La terza condizione, manco a dirlo, è l’annosa questione della burocrazia, un nodo fondamentale per vincere la sfida del digital divide. Attualmente Eolo per avere da un paesino il via libera e le autorizzazioni per installare un’antenna di 20 centimetri su un traliccio già esistente deve attendere sei mesi, di cui almeno cinque servono solo per le pratiche. «La soluzione migliore sarebbe un’autocertificazione – conclude Spada – gestita a livello nazionale. Il nostro auspico è che si faccia sistema e che la nostra rete Fwa venga tenuta in considerazione».
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