“Perché non stanno al mare”, il racconto a puntate con la newsletter di VareseNews
Da lunedì 4 maggio, in concomitanza con l'inizio della Fase 2, abbiamo cominciato a pubblicare nella nostra newsletter brani del racconto di Jacopo. In attesa di pubblicarlo tutto (arriverà presto, fidatevi), ecco un estratto che raccoglie i brani pubblicati
Da lunedì 4 maggio, in concomitanza con l’inizio della Fase 2, abbiamo cominciato a pubblicare nella nostra newsletter brani del racconto di Jacopo, medico varesino che si è lanciato in una nuova impresa, quella della scrittura, con un racconto ambientato al tempo del coronavirus che ha deciso di intitolare “Perché non stanno al mare”. In attesa di pubblicare tutto il racconto (arriverà presto, fidatevi), ecco un estratto da leggere tutto d’un fiato.
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“Perché non stanno al mare”
Non riusciva a fare a meno di pensare a quegli occhi. Non conosceva altro di quella ragazza. Né le labbra, coperte dalla mascherina, né i capelli, raccolti in una cuffia invernale, anche se dell’inverno non c’era più traccia, non nel cielo, non sugli alberi, non sull’erba del mattino. Non conosceva la voce, non conosceva le e espressioni.
Erano bastati gli occhi, mentre aspettava pazientemente il suo turno per entrare al supermercato dietro una donna anziana, vistosamente risentita per quell’attesa a cui non era abituata. Alle otto del mattino era sempre stata la prima, l’euro per il carrello sempre lo stesso, con l’Europa così consumata da non avere oramai più confini, al contrario della realtà in cui le barriere sembravano destinate solo a crescere.
Ma questi non erano i suoi pensieri. Né la vecchia, né la vecchia Europa. Solo quattro posti più avanti, prima della signora col suo euro, della mamma con il bimbo piccolo e del signore ben vestito con la barba lunga, tutti rigorosamente con mascherine, le più disparate, c’erano quegli occhi. La fila era ordinata, come raramente gli era successo di vedere a Roma, un metro o poco più tra gli avventori. Tra lui e quegli occhi, 4 metri, o poco più. Possibile che non li avesse mai visti prima? Eppure, quel piccolo supermercato era frequentato solo dalla gente del quartiere, ci andavano tutti a piedi, lui compreso. E quelle facce, chi al bar, chi sulle scale del condominio, chi nelle serate estive, le aveva viste tutte. Tranne quegli occhi.
Era andato alle 8 al supermercato non perché volesse evitare le code che piano piano si formavano durante la giornata. E nemmeno perché gli piaceva godere della chiarezza dell’alba, quando i pensieri per un breve momento sembrano più nitidi. Semplicemente l’aveva svegliato il cane. Quel cane che in quei giorni di isolamento rappresentava la sua unica compagnia, nonché la sua salvezza.
Chi ne possedeva uno in quel periodo era considerato un privilegiato. Cani maratoneti che necessitavano di macinare chilometri in più sedute al giorno, che d’un tratto si erano ritrovati al centro dell’attenzione d’intere famiglie e non sapevano più come gestirla. Quella mattina l’animale sembrava in preda a un’urgenza esistenziale. Desideroso di godere la giornata fin dalle prime luci del mattino, non aveva atteso come sempre che fosse il suo padrone a dettare il ritmo, stanco e compassato, della giornata.
Dopo una debole resistenza, aveva ceduto all’insistenza del quadrupede. Scendeva dal letto. Solito passaggio dal bagno per la cucina. E proprio lì si era accorto che qualcosa di irrevocabile era successo.
JZ
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