Tra i richiedenti asilo di Tradate: “Nessuno ha sintomi, lavoriamo per far comprendere la situazione”
Al centro ospitato al Barbara Melzi dai primi di maggio è piombato il coronavirus, o meglio, sono arrivati i primi risultati positivi dei tamponi che certificano l’infezione per 24 tra i 38 ospiti
«Le polemiche non aiutano, noi continuiamo a fare il nostro lavoro». Sa di dover gestire una situazione complicata Mario Grassi, il presidente del comitato dell’Insubria di Croce Rossa Italiana, l’ente che da 5 anni ha in gestione il centro che ospita i richiedenti asilo in un ala del Barbara Melzi.
In questa struttura dai primi di maggio è piombato il coronavirus, o meglio, sono arrivati i primi risultati positivi dei tamponi che certificano l’infezione per 24 tra i 38 ospiti, perché i sintomi non si non mai visti.
«Come tutte le strutture comunitarie sapevamo di essere a rischio», spiega Grassi ben consapevole della situazione che anche in provincia ha visto focolaio di infezione nelle Rsa degli anziani, nelle rsd e in altre strutture comunitarie. «Al nostro centro questo problema è reso più complicato dal fatto che nessuno delle persone che risultano positive dimostra sintomi della malattia».
Tutto è cominciato alla fine di aprile quando uno degli ospiti ha lamentato qualche lieve problema di respirazione. «Gli è stato fatto il tampone ed è stato messo in isolamento precauzionale anche se stava bene, poi il giorno dopo è arrivato il risultato positivo del tampone. Da lì abbiamo fatto partire il test per tutti, ospiti e personale, e ora sono emersi i numeri che conosciamo».
Oggi gli ospiti positivi sono stati isolati ma perdurano delle difficoltà: «Questo non è un carcere – spiega Grassi -. La struttura è sorvegliata 24 ore su 24 ma nessuno di noi può imporre con la forza alcunché alle persone che vi risiedono. Stiamo facendo un lavoro per far comprendere ai ragazzi la situazione e non è semplice, perché ci sono barriere linguistiche, culturali e, ripeto, nessuno di loro dimostra alcun sintomo».
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La risposta del sig Grassi è davvero emblematica del modo poco professionale con cui si cerca di circoscrivere il virus. Cosa significa non si può imporre alcunché alle persone che risiedono. Le barriere linguistiche e culturali non possono essere la scusa perché qualcuno non rispetti la quarantena. C’è un’ordinanza del sindaco e anche i signori di cultura diversa sono tenuti a rispettarla e i responsabili della comunità a farla rispettare. Non possono esserci dei ma e dei se, le regole valgono per gli italiani e devono assolutamente valere anche per loro.
Non scriveteli neppure questi articoli,perchè sono offensivi per la dignità degli italiani. Gli ospiti delle strutture comunitarie richiedenti asilo sono gli stessi che hanno circolato liberamente in questi mesi bivaccando nelle stazioni e nelle piazze delle nostre città,mentre noi eravamo segregati in casa,senza soldi e con le nostre attività chiuse. Quanto tempo dovremo ancora subire queste angherie e sopratutto perchè per l’informazione italiana i diritti dei cittadini onesti vengono sempre per ultimi?
Con una sola frase si sono dileggiati milioni di italiani rispettosi della quarantena ed ancora una volta si è evidenziata la differenza di trattamento tra un cittadino italiano ed un immigrato che sembra godere di un lasciapassare universale avallato da semplici differenze linguistiche.
Cosa c’è da capire che altri esseri umani possono morire? Non c’è il concetto di morte nella loro cultura o ci stiamo nascondendo sempre dietro il solito buonismo nauseante?