Gavirate, le tante “famiglie uno“ del carrello solidale
L’iniziativa ha toccato anche il negozio Tigros di Groppello, importante punto di snodo della solidarietà nel Medio Verbano che non è mancata durante il lockdown
Aiutare chi può farcela e che di solito, proprio grazie al motore della solidarietà fortunatamente mai fermatosi in questi mesi, ce la fa.
«Proprio come è successo alla “famiglia uno“, io la chiamo così: la prima famiglia che oramai tempo fa cominciò a servirsi dell’emporio della solidarietà di Varese. Non ci siamo mai dimenticati di loro, che oggi ce l’hanno fatta. Ogni tanto ci sentiamo ancora e mi fa piacere che grazie anche al nostro aiuto quei momenti siano stati superati grazie a un lavoro, a una casa e a una stabilità economica per l’intera famiglia».
Ricordi che tornano presenti nella mente di Dario Giacobazzi, 41 anni responsabile dell’Emporio (nella foto sopra), dipendente della cooperativa Intrecci che a Gavirate ha gestito il carrello della solidarietà messo in campo da Tigros: fai la spesa e lasci qualcosa in un vero e proprio carrello, un’iniziativa simile alla colletta alimentare ma messa in campo in maniera particolare nei mesi del confinamento. Tempi difficili, quando già alcuni lavori e conseguenti stipendi cominciavano a “saltare“.
Pochi soldi in tasca. Famiglie coi primi segni di sofferenza.
«Sì, abbiamo risposto subito grazie anche al preziosissimo lavoro dei volontari», spiega Dario. «È difficile quantificare quanto abbiamo raccolto perché di solito la merce nelle raccolte ordinaria viene catalogata e pesata e in questo caso non lo abbiamo fatto: una volta che i carrelli erano pieni venivano portati all’emporio di Varese, pronti per essere posti sugli scaffali. Posso dire, ad occhio, che durante il periodo del sconfinamento arrivava più o meno un carrello di merce la settimana dal punto vendita Tigros di Groppello, Gavirate».
Un equivalente di alcune centinaia di euro di solito tradotti in merce di vario genere, a lunga conservazione per li alimenti ma anche prodotti per la cura e l’igiene personale e dei più piccoli.
«Quando il carrello era “pieno“ uno dei nostri volontari andava a ritirare la merce che veniva portata alla Brunella, a Varese dove si trovano una serie di servizi legati al supporto della persona: lì finiscono le donazioni della Caritas, di privati e di aziende».
Questi prodotti di prima necessità vengono poi utilizzati e messi sugli scaffali dell’emporio solidale. È una specie di supermercato speciale dove non si paga coi soldi ma con una tessera a punti a “scalare“.
«Caritas fornisce la tessera alle famiglie bisognose e i punti totali – di solito 80 – servono per fare la spesa», spiega Dario.
Un pacco di pasta costa 0,5 punti, il detersivo per la lavatrice 2,60 e così via. Ma non è possibile fare un raffronto coi contanti poiché esistono prodotti in scadenza anche di un valore corrispettivo superiore in euro che piuttosto di venir buttati vengono “svenduti“ con punti molto bassi, come il salmone o altri beni non proprio di prima necessità ma anche sono comunque oggetto di donazioni da parte delle aziende alimentari che giustamente si rivolgono a strutture come l’emporio per donare.
Con questo sistema le famiglie aiutate sono tante anche se di solito gli aiuti vengono mirati a situazioni temporanee di difficoltà che non possono proseguire oltre l’anno.
«L’emporio è tarato per avere in carico fra le 35 e le 40 famiglie. Attualmente sono 50 e abbiamo deciso in via eccezionale causa coronavirus di proseguire con l’aiuto delle famiglie che avevano le tessere in scadenza di tessere, proprio in virtù di questo particolare. Oggi viaggiamo intorno alle 50 tessere, che vuoi dire mediamente 180-190 persone. Dal 2015 abbiamo aiutato circa 253 famiglie».
Oggi a causa del coronavirus sono dunque aumentate le “famiglie uno“, che necessitano di un aiuto e che puntualmente vengono assistite in un momento di difficoltà grazie al carrello solidale.
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