Gli 80 anni del “maestrone” Guccini, nella sua Pavana a respirare sale e maggese
Il cantautore emiliano compie 80 anni. Lontano da tutto e tutti nell'Appennino tosco-emiliano, ma senza mai guardare al passato e con la battuta sempre pronta per i "personaggi austeri"
Non porta più un eskimo innocente, non vive più in via Paolo Fabbri 43, Bologna non è più sua, da quando ha deciso di abbandonarla per tornare nella sua casa in pietra a Pavana. Ora si gode la tranquillità degli Appennini al confine tra Toscana ed Emilia, lontano dalle folle e dai concerti che ha fatto per tutta la vita dal 1957 – dopo due anni alla Gazzetta di Modena – accompagnato da una bottiglia di Lambrusco. Molti varesini (o appassionati della cabala ebraica) ricorderanno il suo concerto al Palawhirpool l’11-11-11, quando salì sul palco con febbre, raffreddore e tosse e nonostante tutto attaccò a cantare come se nulla fosse.
Francesco Guccini compie 80 anni. Il Maestrone, considerato da molti il più grande cantautore italiano dopo la morte di Fabrizio de André, ha da tempo lasciato il mondo della musica e il suo tran tran per dedicarsi ai libri. L’ultimo è il malinconico Tralummescuro, interamente dedicato al suo paese natale – ormai di appena 400 abitanti – e alla nostalgia che colpisce tutti coloro che vedono le proprie terre dimenticate lentamente morire.
Ma Guccini non è un uomo che guarda indietro. Non ha mai avuto un approccio passatista alla vita e ha sempre amato stare tra i giovani. Affetto sempre ricambiato peraltro: l’anno scorso, quando presentò con Mauro Pagani il suo ultimo progetto musicale Note di viaggio alla Fondazione Feltrinelli di Milano, in sala erano presenti decine di ventenni, in coda per un autografo sui loro cd.
Da qui la decisione di non scrivere più canzoni. A parte la triste Natale a Pavana ha di fatto abbandonato il mestiere da anni; non vorrebbe mai scrivere tanto per scrivere, o per strizzare l’occhio a qualche nostalgico. Guccini ha sempre guardato avanti, e quando ha capito che non riusciva più a farlo, ha semplicemente smesso i panni del cantautore anarchico («Ma non sono mai stato comunista», ha precisato pochi giorni fa ad Aldo Cazzullo sul Corriere) per ritirarsi nella sua vecchia casa, a respirare sale e maggese.
Largo ai giovani, dunque, anche se fanno trap: «Oggi il mercato musicale segue altre logiche rispetto all’era dei cantautori. Oggi forse solo i rapper, alcuni almeno, hanno qualcosa da dire», aveva detto a Rolling Stone. C’è anche chi si è spinto a dire che con Stanze di vita quotidiana ha anticipato la trap, ma diciamo che si può relegare con disinvoltura tra le boutade.
Ovviamente non sono riuscito a contattarlo oggi – come nessuno immagino – ma mi sarebbe piaciuto ricordargli che fa gli anni lo stesso giorno di Donald Trump. Non gliel’avrei detto come esordio, perché mi avrebbe mandato a quel paese con una certa schiettezza.
Sono sicuro che oggi starà passando i suoi 80 anni respirando gli aromi della salvia e del rosmarino. Guardando i ciuffi di parietaria attaccati ai muri. E parlando del tempo e dei giorni andati, pronto a uscirsene con una battuta sardonica verso i critici – quei «personaggi austeri» che non ha mai sopportato – per scacciare la melanconia davanti a un buon bicchiere di rosso.
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