In quei giorni di silenzio e studio, ho deciso di rivelare il mio “segreto”
Stefano è un istruttore sportivo e da 26 anni convive con il diabete. Il confronto con una persona che ha lo stesso problema lo ha convinto a raccontare apertamente la sua esperienza. Per poter essere d'esempio
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Di seguito la storia di Stefano.
Lo sport è una parte molto importante della mia vita ed è diventata anche il mio lavoro: negli anni sono diventato preparatore atletico certificato dal Coni, allenatore di triathlon con la Fitri, personal trainer e via dicendo. Un campo in cui – però – c’è sempre da imparare, così quando è iniziato il lockdown, non potendo svolgere le mie consuete attività, ho deciso di rimettermi a studiare per aggiornarmi e per conseguire nuove qualifiche.
Allora, in quei primi giorni, non immaginavo che proprio in questo periodo di “chiusura”, avrei trovato il modo, il coraggio e la voglia di confessare quello che in pochi sapevano: i parenti, gli amici stretti e un pugno di altra gente. Da tanto tempo, il mio corpo deve fare i conti con un ospite sgradito, il diabete di tipo 1. Avevo vent’anni – oggi ne ho 46 – quando presi il morbillo in una forma aggressiva: quando mi passò, mi ritrovai con questo “regalo”.
Da allora ci convivo e ho portato avanti tutta la mia attività sportiva senza mai parlarne: non volevo ricevere trattamenti di favore alle gare in quanto diabetico, ho sempre preferito competere alla pari con tutti gli altri e mi sono tolto anche qualche bella soddisfazione in termini di risultati. Però, proprio durante il lockdown, un ragazzo che seguo per lavoro (e che stavo allenando a distanza) mi ha confessato di essere nella stessa situazione: a differenza mia, però, lui vive il diabete come un problema e ciò mi ha fatto riflettere. Io, infatti, pur girando con l’insulina in tasca e facendo alcune punture al giorno, ho sempre cercato di andare oltre, tanto che non la considero una malattia, piuttosto una “condizione”.
Confrontandomi con questo amico, però, ho capito che se avessi “confessato” il mio stato, avrei potuto aiutare tante altre persone che magari non hanno il coraggio di rivelare il loro essere diabetici. In tanti mi conoscono come una persona supersportiva, magari mi hanno avuto come istruttore o mi hanno visto impegnato in gare e manifestazioni: ho pensato che da ora in poi posso essere un piccolo esempio. Voglio far capire che avere il diabete non è una condizione così limitante come alcuni pensano soprattutto se si ama praticare lo sport. Se ci si cura nei modi dovuti e si fa attività fisica, le problematiche si riducono: un esempio è la bicicletta, perché è una disciplina che aiuta molto nel controllo del metabolismo degli zuccheri. Non a caso, appena ci siamo potuti muovere in regione, sono andato a scalare lo Stelvio con gli amici della Infinity Bike. L’associazione a cui ho dato vita e tramite la quale, se vorrete, mi potrete contattare.
Ora sono pronto a fare la mia parte, a spiegare queste cose in modo aperto. Anche in pubblico, se necessario o se qualche ente o associazione vorrà sentire qual è stata la mia esperienza che la quarantena mi ha convinto a rendere nota.
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