Addio ad Angelo del Devero, che ha colorato le montagne e la memoria
Nato nel 1928 a Gazzada, appassionato di montagna, divenne famoso come il pittore del Devero: nella sua ampia produzione ha raccontato soprattutto la Resistenza e le lotte

Ha fissato per sempre i toni dei monti amati, ha illuminato la vita di tutti i giorni e la fatica di chi lavora, non ha fatto sbiadire la memoria della Resistenza e del sacrificio di tanti giovani.
E adesso, a 92 anni di età, se n’è andato: è morto Angelo Bersani, più noto come il pittore “Angelo Del Devero”, dal nome della località più amata, tra i monti dell’Ossola.
Originario di Gazzada Schianno, scoprì la montagna con le escursioni con gli amici, un gruppo anomalo dove spacconate e competizione davano ossigeno alla passione per i monti. «Il motore di tutto era la polemica» raccontava Angelo nel 2011, in occasione del 40ennale della Sezione Cai di Gazzada.
Il suo Eden l’aveva trovato all’Alpe Devero, tra i monti dell’Ossola, in val Divedro. Luogo di prati verdi, di alte cime e di memorie della guerra partigiana, a cui si sentiva particolarmente legato. Gli era così rimasto appiccicato addosso quel nome – “Angelo del Devero” – che era colloquiale ma suonava anche un po’ rinascimentale.

Le sue opere dedicate ai partigiani e alla Resistenza erano spesso legate ai monti dell’Ossola, tante erano ispirate a precisi episodi. Uno su tutti: la strage della funivia di Goglio, quando i nazifascisti bloccarono la cabina carica di partigiani e spararono uccidendoli o costringendoli a gettarsi dall’alto nel bosco, con tragiche conseguenze. Angelo Del Devero ne ha fatto uno delle sue opere più famose, dove il motto “Ora e sempre resistenza” è ancorato ad un episodio reale: quella litografia è finita nelle case dei partigiani combattenti, è custodita oggi dalle loro famiglie, adorna le sedi Anpi, anche nell’Alto Milanese, a Gallarate e Busto Arsizio (da cui tanti partirono per andare a combattere in Ossola; immagine di apertura dell’articolo tratta dalle opere della collezione Anpi Gallarate).
Era vicino all’opera di Renato Guttuso non solo nell’uso del colore, ma anche nella concezione di arte sociale, che esplorava i problemi e cercava soluzioni: ritraeva la fatica degli operai e le lotte dei contadini, con grande fisicità e attenzione alla realtà (foto sopra: murale a Gazzada, in cui si riconoscono anche i campanili della zona). Nel tempo poi la sua arte si è evoluta diventando più simbolica, anche qui quasi in parallelo con il percorso di Guttuso, a volte declinando i valori sociali in forme nuove, come nell’opera donata all’ospedale di Domodossola, che ritrae il prezioso lavoro degli operatori sanitari e la guarigione dei malati.
Quasi come artista rinascimentale, ha lasciato il suo segno anche su alcuni edifici. Anche qui merita di essere citata Goglio, dove affrescò nel 1964 la chiesetta e, anni dopo, la ex cabina della funivia Edison teatro della strage dell’ottobre 1944.
I funerali si terranno l’8 luglio, alle ore 11, alla casa funeraria Pelgantini al Croppo di Trontano, via Leonardo Da Vinci 8
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