Ndrangheta e rifiuti, prima condanna per Frustillo mentre Efrem sceglie (per ora) di non parlare
Il bustese originario di Cariati è stato condannato a 4 anni e 6 mesi per traffico illecito di rifiuti mentre il consigliere comunale (ora sospeso) si è avvalso della facoltà di non rispondere
È arrivata ieri la prima condanna per Daniele Frustillo, arrestato lunedì scorso insieme a Paolo Efrem, Giovanni Lillo, Vincenzo e Raffaele Rispoli, nell’ambito dell’inchiesta sulle false fatturazioni aggravate dall’agevolazione dell’associazione a delinquere di stampo mafioso.
Frustillo, ritenuto l’uomo del boss di Legnano Vincenzo Rispoli all’interno della Smr Ecologia, infatti, era già stato arrestato insieme all’amministratore unico Matteo Molinari, Angelo Romanello e altri per traffico illecito di rifiuti con l’operazione Feudo dell’ottobre scorso e ieri è stata data lettura della sentenza al termine del processo con rito abbreviato davanti al gup Alessandra Clemente del Tribunale di Milano. Per lui la condanna è a 4 anni e 6 mesi di reclusione.
Nel frattempo ad Opera venivano ascoltati i protagonisti della nuova indagine e tutti, compreso Paolo Efrem, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Assistito dai legali Antonio D’Amelio e Luigina Pingitore, il consigliere comunale (attualmente sospeso dalla carica per effetto della legge Severino) ha preferito non parlare probabilmente ancora sotto shock per l’arresto e per la detenzione che lo starebbe provando molto. Forse lo farà in un secondo momento, almeno per chiarire quello che molti suoi amici definiscono “un equivoco”.
Le accuse sono molto pesanti: avrebbe messo a disposizione di Frustillo la sua società (Efrem Trade registrata nell’aprile 2015) con – dice l’ordinanza – l’obiettivo di far uscire soldi dalle casse della Smr Ecologia in parte per pagare in nero gli autisti che effettuavano i trasporti di rifiuti irregolari ma anche per pagare soggiorni al nord ai parenti del boss Silvio Farao (suocero di Rispoli) che andavano in carcere a trovarlo. Le fatture contestate ammontano ad oltre 100 mila euro tra il 2015 e il 2018.
Secondo il sostituto procuratore della Dda Silvia Bonardi le dichiarazioni dell’imprenditore 36enne Matteo Molinari che, dopo l’arresto nell’indagine Feudo, ha deciso di parlare, sono credibili. Parole che hanno dato il via all’inchiesta e che ha creato un vero e proprio terremoto in città, scoprendo di nuovo il nervo dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’imprenditoria e nella politica locale. Non a caso la posizione di Molinari è stata stralciata dal procedimento penale che si è concluso ieri in primo grado, in vista di un patteggiamento concordato con il pm.
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