L’accelerazione sullo smartworking va governata altrimenti sono problemi

Rocco Palombella segretario nazionale della Uilm: «Non solo vantaggi da un ricorso massiccio al lavoro da casa»

Direttivo Uilm

Rocco Palombella, segretario nazionale della Uilm, la categoria dei metalmeccanici della Uil, è uno che il lavoro vero lo ha provato. Prima di entrare nel sindacato a tempo pieno è stato dipendente dell’Ilva di Taranto, lo stabilimento industriale più grande d’Europa. Assunto nel 1973 nell’acciaieria come operaio siderurgico, ha fatto prima il turnista dell’area ghisa e poi il tecnico di produzione. Nel 1990 è entrato nella segreteria della Uilm di Taranto e dal 2003 è segretario nazionale. Recentemente gli è stata proposta la poltrona di segretario organizzativo della Uil, offerta rispedita al mittente con una battuta: «Fare il burocrate non è la mia aspirazione».

Palombella, come immagina il lavoro del futuro?
«L’attuale e il futuro quando parliamo di lavoro, esistono solo come proiezione individuale. Esistono invece  i cambiamenti che influenzano il lavoro a livello collettivo. Partirei dunque dai cambiamenti che devono essere governati molto bene per evitare problemi sociali. Se imprese, sindacati e istituzioni decidono di governarli, allora risulteranno meno impattanti sulla vita delle persone. Quando si governa consapevolmente il cambiamento, i traumi si riducono al minimo altrimenti il lavoro del futuro altro non è che il risultato di effetti che subiamo con tutto ciò che ne deriva».

In tema di lavoro che cosa ci ha insegnato la pandemia?
«Durante il periodo dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, c’è stata un’accelerazione sullo smartworking che fino a ieri era ancora una proiezione del futuro, non certo del presente. Abbiamo subìto un’accelerazione enorme, scoprendo oggi che era un fenomeno che andava governato prima dell’urgenza. In questo caso il cambiamento è stato improvvisato, con poca consapevolezza, senza quella gradualità che dovrebbe caratterizzare le trasformazioni del mondo del lavoro».

Come andava gestito quel passaggio?
«Attraverso un programma concordato dalle parti sociali e dagli esperti in materia, senza lasciarlo alla buona volontà della singola azienda. Non è un caso che la risposta delle imprese e dei territori non sia stata omogenea. Per mettere in pratica lo smartworking non basta avere una piattaforma informatica a cui collegarsi, occorrono regole precise che devono essere riconosciute dalle parti, in primis dal lavoratore, accettate e condivise. Pensiamo al tema della divisione tra tempo di lavoro e tempo della vita privata».

In questo momento che cosa bisognerebbe fare per riallineare la domanda e l’offerta del mercato del lavoro italiano?
«Bisognerebbe occuparsi delle retribuzioni dei lavoratori, del sistema di tassazione e di una nuova visione del sistema-paese. Negli ultimi anni i lavoratori dipendenti sono diventati come un bancomat. Quando si trattava di utilizzare le risorse nelle pubbliche amministrazioni, per il funzionamento di comuni, province e regioni, si aumentavano le tasse e a forza di aumentarle abbiamo reso i lavoratori dipendenti più poveri. Ci sono persone che, nonostante abbiano un lavoro, al sabato e alla domenica vanno a ritirare il pacco alimentare alla Caritas. Quindi bisogna aumentare i salari, diminuire le tasse e dare un po’ più di stabilità politica al Paese. Un lavoratore che non guarda al futuro con una certa tranquillità non puo’ fare programmi a medio e lungo termine. Avere risorse economiche adeguate al costo della vita da una parte e il convincimento che c’è una prospettiva dall’altra, sono i due capisaldi della ripresa».

IL LAVORO DEL FUTURO

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 27 Luglio 2020
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