Un canto per Milano: ripartire, senza negare gli errori
Il teatro Parenti e il Corriere della Sera hanno organizzato una serata dedicata alla città meneghina. Un inno d’amore alla sua storia e ai nomi che l’hanno resa grande. Con un omaggio alle dottoresse del Sacco
Forse sta tutto in una frase di Ferruccio de Bortoli, tra gli ideatori della serata: «Tanti di noi, io per primo, ci siamo lamentati a volte di un sentimento vagamente anti-lombardo, contrario all’impresa. Ma dobbiamo riconoscere i nostri errori, a partire dal nostro atteggiamento spesso da primi della classe. Per ripartire, dobbiamo ammettere tutto quello che abbiamo sbagliato».
Doveva essere un inno alla città in uno dei suoi luoghi più estivi, i Bagni misteriosi, organizzato dalla padrona di casa, Andrée Ruth Shammah. Una delle personalità più influenti della città: ebrea sefardita nata e cresciuta a Milano, ha cominciato a lavorare con Paolo Grassi e Giorgio Strehler per poi fondare, nel 1972, il Salone Pier Lombardo, quello che oggi si chiama Teatro Parenti da lei diretto.
Andrée Ruth ShammahE la data scelta non è casuale. «Il 14 luglio – spiega Gabriele Nissim, fondatore dell’associazione no profit Gariwo, la foresta dei giusti – è una giornata fortemente simbolica. Non solo per la Francia, ma per il suo significato di libertà e di emancipazione nel mondo. In questi mesi ci siamo resi conto che tutti, in ogni parte del globo, abbiamo le stesse paure, indipendentemente dal colore della nostra pelle o dal luogo di nascita».
La serata è stata un’occasione per raccontare la storia di Milano, dalle sue origini ai duri mesi segnati dal Covid. La narrazione è stata portata avanti in maniera originale, alternando il racconto di eventi storici capitali con la lettura di poesie e frammenti di scrittori milanesi. Giangiacomo Schiavi ha citato l’introduzione del libello Milano e il suo destino, di Lodovico Festa e Carlo Tognoli (Boroli), per ricordare che «Milano è una città sfidata. Il suo destino è quello di rialzarsi sempre. La sua è una storia di invasioni, sopraffazioni, sottomissioni, ribellione. E grandi rinascite. Milano non si è mai arresa: dai Longobardi agli ungari, dal Barbarossa agli spagnoli, da Radetzky alla banda Koch, fino agli anni bui del terrorismo».
Tante sono le menzioni letterarie dei momenti difficili della città. Salvatore Quasimodo, nell’agosto 1943 scriveva che «La città è morta».
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio.
E l’usignolo è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.
Eppure, anche durante gli anni bui del nazifascismo, Milano ha saputo reagire e risorgere. Schiavi menziona l’arrivo al governo del milanese acquisito Ferruccio Parri, e soprattutto dell’angerese Antonio Greppi, primo sindaco cittadino dopo la Liberazione e già partigiano della Repubblica dell’Ossola.
Il sindaco che ricostruì la Scala, 75 anni fa Greppi alla guida di Milano
Importante anche la menzione alla riapertura della Scala nel 1946 a opera di Arturo Toscanini (e dello stesso Greppi). A tal proposito interviene il sovrintendente del teatro lirico, Dominique Meyer, che in un discorso emozionato ha voluto elogiare «la grande disciplina dei milanesi in questi mesi difficili», ricordando un importante anniversario che cade in questi giorni: «il 16 luglio 1920 venne redatto lo statuto di ente autonomo della Scala. Fu il primo passo per la modernizzazione del teatro, grazie al lavoro di Toscanini e del Corriere. La Scala ebbe un grande ruolo nella ripartenza del primo e soprattutto del secondo Dopoguerra; spero che anche in questo periodo possa dare il suo contributo. Abbiamo stilato il programma autunnale con l’intento di ricordare i morti e, al contempo, ridare speranza. In questo, la musica e il teatro sono fondamentali».
La serata non poteva non avere uno sguardo incentrato sulla cultura, che in questo periodo ha un ruolo centrale. Tantissimi sono stati gli interventi di personalità nel campo della letteratura, della musica, del teatro, del cabaret. Non sono mancati momenti involontariamente comici, come quando Enrico Bertolino ha letto un estratto del libro di Enrico Bertolino sulla quarantena di Enrico Bertolino (insieme a un racconto sulle Cinque Giornate).
La dedica alle dottoresse del Sacco
Lo spazio finale è stato dedicato a sei dottoresse, infermiere e operatrici sanitarie dell’ospedale Sacco di via Grassi, già apparse sulla copertina del New York Times a marzo. «Le abbiamo applaudite, ringraziate, celebrate. Ma ora – afferma Barbara Stefanelli del settimanale Sette – sembrano di nuovo silenziate. Dobbiamo ricordarci del loro lavoro essenziale, non solo nei periodi di emergenza». A loro è stato dedicato un lungo applauso a chiusura di questa calda serata milanese all’insegna della speranza per il futuro prossimo, che si presenta già pieno di insidie.
«Ma Milano – ha chiosato il sindaco Beppe Sala – ha sempre dimostrato di saper cambiare. Non possiamo né dobbiamo tornare al mondo di prima. Adesso inizia una nuova fase; il sacrificio sarà necessario, e dovremo affrontarlo senza mai dimenticare chi è rimasto indietro».
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