“Dottore, scelga Lei…”
Le parole di Cesare Zoia, 39 anni, residente a Casciago, neurochirurgo in una delle principali strutture mediche della Lombardia, fanno riflettere e non devono essere dimenticate

Il racconto di un medico in prima linea, un’esperienza che lascia il segno anche a settimane di distanza dal periodo di picco dell’emergenza sanitaria. Le parole di Cesare Zoia, 39 anni, residente a Casciago, neurochirurgo in una delle principali strutture mediche della Lombardia, fanno riflettere e non devono essere dimenticate
Con i giorni che passano sembra quasi che i mesi del lockdown stiano diventando un brutto ricordo; ci si è adattati, più o meno, a nuove regole e la percezione del pericolo è decisamente cambiata.
Ci sarà una seconda ondata? Dovremo affrontare in futuro altre Pandemie? Speriamo di no, ma nel caso facciamoci trovare preparati! Il compito piu’ difficile che attende la politica e il Sistema Sanitario Nazionale è proprio questo: fare in modo che la prossima volta, sperando non arrivi mai, un’emergenza simile non ci trovi completamente inermi. Non sarà facile e come singoli possiamo fare ben poco. Credo pero’ che ognuno di noi possa, anzi debba, aiutare a fissare nella memoria le proporzioni della tragedia che siamo stati costretti ad affrontare, raccontando la propria esperienza.
Io sono un medico e vorrei condividere un episodio – che non dimenticherò mai – che mi ha davvero fatto capire la fragilità del sistema, minando molte mie certezze. Come chirurghi siamo stati chiamati a fare la nostra parte: una notte di fine marzo ero di supporto in Pronto Soccorso “Covid” e seguivo in particolare i pazienti in attesa di ricovero, inutile dire quanto fosse pieno.
Dopo aver valutato i pazienti l’infermiere venne da me dicendo che due di essi respiravano peggio degli altri e meritavano la C-PAP (supporto ventilatorio), naturalmente gli risposi di procedere a posizionarla a entrambi. Rimaneva però solo un casco disponile e quindi l’infermiere mi disse: “Dottore, scelga Lei…“.
In quel momento ho sentito un brivido che mi percorre tutte le volte che racconto quest’episodio… Ho dovuto scegliere chi aiutare e chi no. Per fortuna qualche ora dopo si è liberato un posto in un reparto e siamo riusciti a curare al meglio entrambi i pazienti, ma quell’attimo, in cui ho realizzato che il sistema aveva fallito, che non potevamo curare tutti, che non riuscivamo a far fronte a qualcosa molto più grande di noi non lo dimenticherò mai.
Credo che una delle cose che ci ha insegnato questo periodo è la nostra fragilità, come professionisti, ma anche come persone. Solo insieme potremo sopportare – e forse superare – questa nostra condizione.
Cesare Zoia, Neurochirurgo
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