Gibilisco: “Ecco perché voterò No al referendum”
L'intervento sul referendum dell'ex sindaco (1978-85) di Varese, che confronta l'attuale riforma costituzionale con quella del 2016

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento sul referendum dell’ex sindaco (1978-85) di Varese Giuseppe Gibilisco
Egregio direttore,
prendo carta e tastiera per rispondere ad un amico che mi chiedeva quale fosse la mia decisione sul voto al referendum costituzionale avente ad oggetto il taglio del numero dei parlamentari.
Nella discussione facevamo riferimento al referendum costituzionale proposto dal PD di Renzi e delle rispettive posizioni allora rispettivamente assunte lui per il no ed io per il sì .
Allora c’è una contraddizione tra le due posizioni di espressione del voto.
La proposta c.d. Renzi affrontava in primis il problema della doppia lettura delle leggi tra camera e senato ed in quel quadro di riforme prevedeva la riduzione del numero dei parlamentari ,ecco il testo del quesito: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»
La proposta di oggi si limita a prevedere la sola riduzione del numero dei parlamentari con il quesito: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente”Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?»
Un altro amico presente alla discussione interviene per motivare la differenza, nel 2016 bisognava dire NO a Renzi che ne faceva una questione personale ed oggi occorre dire di NO perché bisogna dire di NO ai 5Stelle ed all’antipolitica.
Non condivido questo argomentare perché prescinde ancora una volta dal contenuto della domanda posta ai cittadini e mi permetto di sottolineare immediatamente come il giudizio si debba formare sempre in positivo e nel merito delle scelte che la politica attraverso il voto pone e non solo per partito preso ( o meglio interesse politico elettorale di breve termine) , anche se ciò può apparire contro corrente.
Allora perché ho votato SI nel 2016 ed ora mi accingo a votare NO .
La nostra costituzione nasce da una storia importante e contiene una serie di principi che sono il portato dell’esperienza politica vissuta in primis dai padri costituenti e poi dal percorso fatto in questi oltre 70 anni, con la necessità che ha un corpo di una certa età di esser adeguato allo scorrer del tempo.
Basti pensare alle Regioni che compiono 50 anni e le modifiche che hanno richiesto all’impianto della Costituzione, modifiche che non sono state altro che il frutto di una previsione dei padri costituenti che s’è man mano attuato nel tentativo di render le istituzioni sempre più vicine ai territori che governano.
Veniamo allora a motivare sia pure sommariamente la differenza tra il mio voto del 2016 (SI) e quello che esprimerò il 20 settembre (NO).
Il sistema delineato dalla Costituzione chiamato bicameralismo perfetto prevede che sia il Parlamento (Camera e Senato) l’unico organo dello Stato ad esprimere la volontà popolare attraverso la formazione delle leggi mediante la rappresentanza dei cittadini in quanto i suoi membri sono eletti.
La sovranità popolare quindi si esprime attraverso la rappresentanza nel rapporto tra numero di abitanti e loro rappresentanti ( camera dei deputati) e su base regionale ( senato ) .
Il modo attraverso cui tale rappresentanza forma le leggi è dato dalla necessità di una doppia lettura conforme da parte di entrambe i rami del parlamento (bicameralismo perfetto) .
Il problema che poneva il referendum del 2016 derivava dalla necessità di ridurre all’essenziale il problema della doppia lettura conforme ( evitare cioè che dopo l’approvazione di una proposta di legge da parte di uno dei due rami del parlamento una sia pur minima modifica richiedesse il ritorno all’altro ramo del parlamento e ciò fino al momento in cui vi fosse piena corrispondenza nell’approvazione della legge) .
Il referendum del 2016 rafforzava la base regionale del senato e riservava allo stesso la doppia lettura solo per alcune leggi particolarmente importanti ed in quest’ottica prevedeva una riduzione dei parlamentari.
Il percorso proposto nel 2016 pertanto per me stava nel solco dei frutti “maturi” della Costituzione risolvendo un problema che s’era posto e prevedendo la riduzione in un’ottica di riforma complessiva già contenuta nella norma sottoposta a referendum.
Un’annotazione particolare deriva dall’adesione allora data a quella riforma dalla maggior parte degli studiosi di diritto costituzionale, ma la riforma del 2016 non passò perché tutta la campagna elettorale fu impostata dallo stesso Renzi come un referendum pro o contro lui e questa scelta portò a perdere non tanto la segreteria del PD ed il PD stesso , ma l’occasione che il contenuto complessivo della riforma proponeva.
Il percorso attuale invece riguarda il solo taglio del numero dei parlamentari senza altra riforma che tutti indicano come necessaria conseguenza dell’eventuale conferma della riduzione ma senza che vi sia accordo su quali debbano essere le soluzioni che pongano rimedio al solo taglio dei parlamentari.
In questi anni l’interesse primo del potere economico è stato quello di ridurre sempre più il ruolo della politica, da un lato diffamando a mezzo stampa ed altri mezzi di comunicazione, per non dire di peggio, chi si offriva a rappresentare i cittadini, ed ora riducendo anche la possibilità di rappresentanza , senza indicare quali rimedi porre perché la poltica e quindi la rappresentanza dei cittadini possa esser efficacemente esercitata.
I partiti hanno ritenuto di “cavalcare” una proposta apparentemente “populista” o almeno tale per la rappresentazione data dai mezzi di comunicazione ed ora s’accorgono che l’assenza di un quadro di riforme che possano durare nel tempo e mantenere il principio costituzionale, sia pure aggiornandolo, provocherà nel quadro attuale una situazione di incertezza istituzionale ancora maggiore.
Ecco perché s’inizia a metter “pseudo condizioni” per il SI : tali sono solo perché la politica del breve termine lo richiede a motivo della necessità di tenere in vita l’attuale governo , a prescindere dal merito del problema.
Ecco perché oltre 180 studiosi del diritto costituzionale mettono in guardia da un voto che non tiene conto delle conseguenze negative che ne deriverebbero .
Anch’io pertanto non posso che condividere tali preoccupazioni, non certo per sostenere o far cadere il Governo, ma preoccupato del fatto che tale modo di procedere alla lunga consenta di ridurre la politica e quindi la rappresentanza dei cittadini alla convenienza del momento , prescindendo da quel fine che è il bene comune che non basta dichiararlo ma occorre perseguirlo con visioni che vadano oltre al contingente e breve interesse elettorale.
Gli ulteriori motivi del No possono esser letti nell’appello dei costituzionalisti alla cui lettura e diffusione rimando se si vuol decidere nel merito.
Il mondo che cambia velocemente chiede respiri più ampi di un brevissimo domani.
Grazie per lo spazio che vorrete dare a questa mia riflessione.
Pippo Gibilisco
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SOTTOSCRIVO PIENAMENTE.
La unica riforma era quella di Renzi…questa è uno spot elettorale 5S travestito con un insignificante risparmio di costi per lo Stato.
In pratica ridurre solamente un organo legislativo senza riformare i processi di approvazione delle leggi è come curare una gamba rotta bendandola e non ingessandola. E come sempre ci farà sempre rimanere lenti ed inefficienti nel recepire i cambiamenti ed attuare le azioni correttive atte a migliorare questo paese.