Dagli urli di Cremona ai playoff con Brescia: la storia di Attilio Caja a Varese
Chiamato per due volte al capezzale biancorosso, il tecnico pavese ha segnato la storia recente della società. Oltre alla serie con la Germania ha raggiunto una Final Four di Coppa Italia e una semifinale europea

L’inatteso esonero di oggi, sabato 5 settembre, mette fine a un matrimonio cha ha coperto l’arco di cinque stagioni sportive (esclusa quella appena avviata), quello tra la Pallacanestro Varese e coach Attilio Caja, allenatore di lunghissimo corso nato a Pavia nel 1961 e giunto in Serie A a soli 31 anni. Un’esperienza positiva sul piano sportivo: in stagione regolare il bilancio parla di 56 vittorie e 52 sconfitte, il bottino dice di due salvezze raggiunte (e non semplici), una partecipazione ai playoff, una alla Coppa Italia e una semifinale europea.
Caja ha allenato al Openjobmetis in due tranche: la prima volta sul finire della stagione 2014-15, undici partite dopo aver sostituito Gianmarco Pozzecco (che per qualche tempo restò a Masnago a osservare gli allenamenti dell’Artiglio) sufficienti a conquistare una salvezza che a quel punto non era così scontata. La scelta della società (il presidente era Stefano Coppa) di puntare su Paolo Moretti per l’anno successivo rese quel primo divorzio “piccante”, visto che tempo dopo si dovettero sistemare le cose a livello economico.
Quel bisticcio però non impedì di pensare a Caja come sostituto dello stesso Moretti nel pieno della sciagurata prima parte di stagione del torneo 2016-17: l’allenatore raccolse una squadra sul fondo della classifica, la trasportò fuori dalle secche con sei vittorie consecutive e permise di chiudere il campionato con un tranquillo 12° posto. Di quel periodo si ricorda la leggendaria sfuriata negli spogliatoi di Cremona (video sotto) dopo una brutta sconfitta: «Siete perfetti per giocare il campionato cinese, vi pago io il volo!» urlò in faccia ai suoi stranieri fino a lì deludenti. Era la squadra di Maynor, Eyenga, Anosike, Kangur e Nique Johnson, in cui un acerbo Avramovic venne spesso sacrificato in nome delle rotazioni corte.
L’anno migliore del Caja varesino fu il successivo, quello coronato con la partecipazione ai playoff per la prima volta dall’indimenticabile 2013. Non fu semplice perché la Openjobmetis alla quindicesima giornata si ritrovò di nuovo sul fondo della classifica; l’aggiunta di Larson (con spostamento di Wells in guardia) e di Vene, la valorizzazione di Avramovic e Okoye e un Cain assai produttivo però furono le basi di una risalita clamorosa, avviata con la vittoria a Venezia e proseguita con otto successi in fila compresi quello con Milano e quello in casa della Virtus Bologna. Dall’ultimo al sesto posto, il cammino della banda Caja fu esaltante, permise di giocarsi i playoff con Brescia (vincente 3-0 sempre con scarti minimi) e permisero al tecnico di vincere per la seconda volta il premio di “Coach of the Year”, 22 anni dopo il primo riconoscimento (con Roma, nel ’96).
Un cammino che Varese riuscì a ripetere per buona parte della stagione successiva, quando disputò un ottimo girone di andata conquistando una bella qualificazione alle Final Four di Coppa Italia. La speranza di fare strada si infranse subito contro Cremona (quel giorno fu una delusione, rivalutata però dal cammino della Vanoli che vinse il torneo) e purtroppo la seconda fase della Serie A, sempre giocata sul filo dei playoff, si concluse senza qualificazione alla post-season. Certo, l’infortunio di Archie arrivò nel momento meno indicato e fu decisivo anche per la semifinale di Fiba Europe Cup persa con Wurzburg, ma il cammino europeo fu ugualmente positivo.
Dati alla mano quindi, l’ultima “vera” stagione di Caja in biancorosso è stata quella interrotta dal coronavirus visto che quest’anno il campionato non è ancora iniziato (ma le gare di Supercoppa sono ufficiali): anche il torneo scorso iniziò con qualche difficoltà di troppo (infortunio a Clark in preparazione, errore nella scelta di Tepic) ma Varese seppe disputare un onesto girone di andata, restando fuori dalla Coppa Italia solo all’ultima giornata e per differenza punti. A Pesaro ci andò Venezia e sollevò il trofeo. Poi basta, perché un calendario assurdo ha fermato la Openjobmetis a fine gennaio, ben prima dello stop per il Covid-19. E così siamo arrivati a questa estate, che passerà alla storia per il clamoroso ingaggio di Luis Scola ma – ed è cosa di oggi – anche per l’altrettanto roboante esonero da parte della società. Buona fortuna, Artiglio: tra pregi e difetti, qui hai fatto bene.
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