La comunità cristiana di Gallarate s’impegna a creare una casa “per chi non ha casa”
Nel corso della cerimonia con tutte le parrocchie cittadine è stato emesso il voto, una promessa di solidarietà a favore delle persone più in difficoltà. Un'idea nata nei giorni bui e silenziosi del lockdown

Una messa per tutte le parrocchie cittadine, mille persone in strada, per una promessa: sostenere per almeno tre anni una casa per persone in difficoltà.
Un vero voto religioso, che ha impegnato la comunità cristiana di Gallarate e che nasce dall’esperienza del lockdown e dall’emergere drammatico di fragilità e povertà.
Uno scatto in avanti della comunità cristiana, nato da un’idea del prevosto don Riccardo Festa, preparato in silenzio nei mesi sul finire del lockdown, periodo in cui «ci siamo resi conto nella solitudine di chi non ha casa», come è risuonato nelle parole del voto fatto alla Madonna in Campagna.
«Per questo – hanno recitato insieme i partecipanti alla funzione presieduta da monsignor Franco Agnesi (foto: Roberto Gernetti) – ci impegniamo in un gesto di carità che esprima la fratellanza e la solidarietà che abbiamo scoperto come via di salvezza. Prendiamo l’impegno di creare una casa d’emergenza per chi non ha casa. Ci impegniamo a sostenere con le nostre offerte per tre anni il servizio di ospitalità notturna di emergenza per chi non ha casa».

La nuova struttura sarà dedicata a Santa Eurosia, nostra patrona di Gallarate al fianco di San Cristoforo, come si scopre osservando con attenzione la facciata della Basilica di Santa Maria Assunta: è una dedicazione che richiama l’impegno della città intera, in ottica comunitaria.

A Gallarate si è discusso, anche nel periodo più buio dell’emergenza coronavirus, della presenza di persone senzatetto, alcune delle quali hanno vissuto quasi l’intero lockdown per strada: a volte precipitate nella difficoltà per la perdita del lavoro, in altri casi per difficoltà relazionali, per dipendenze, per le asprezze della vita che hanno lasciato segni profondi. Il tema, proprio nel periodo di restrizioni ai movimenti, ha visto anche una fase di aspro confronto sul versante politico.

«Serve un posto per i senzatetto, sono persone» era stato l’appello lanciato da monsignor Festa ad aprile, quando ancora le celebrazioni dovevano affidarsi ai video e alle dirette youtube.
Dai giorni in cui ancora le strade erano silenziose e le persone isolate nelle proprie case, quell’idea di un nuovo luogo (da affiancare a “Casa di Francesco”) ha iniziato a farsi largo. Fino alla promessa di oggi, quella di sostenere nel tempo «una casa per chi non ha casa».
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