Case popolari, Regione Lombardia fa retromarcia sui requisiti per gli stranieri
Da oggi gli stranieri residenti in Lombardia potranno accedere agli alloggi pubblici senza dovere rendere la prova (spesso impossibile, per l’assenza di un sistema catastale) di non possedere immobili nei Paesi di provenienza
Con Deliberazione n. 3679 del 13 ottobre 2020, la Regione Lombardia ha dato esecuzione all’ordinanza del Tribunale di Milano del 27 luglio 2020. Il Giudice di Milano, facendo seguito a una analoga decisione riguardante il Comune di Sesto San Giovanni, aveva infatti dichiarato discriminatorio il Regolamento Regionale n. 4/2017 nella parte in cui richiedeva, per l’accesso agli alloggi pubblici, il requisito della residenza/lavoro quinquennale nella Regione (previsto anche dalla l.r. 16/16 e dichiarato incostituzionale con sentenza n. 44/2020) nonché nella parte in cui richiedeva -ai soli cittadini extra UE – di documentare l’assenza di diritti di proprietà all’estero con modalità diverse da quelle che vengono richieste al cittadino italiano (producendo cioè documentazione del paese di cittadinanza).
Trattandosi di un ordine immediatamente esecutivo la Regione, pur avendo presentato appello, dopo reiterate richieste da parte delle Organizzazioni sindacali, ha comunque dato esecuzione all’ordinanza: da oggi quindi gli stranieri residenti in Lombardia potranno accedere agli alloggi pubblici senza dovere rendere la prova (spesso impossibile, per l’assenza di un sistema catastale) di non possedere immobili in Paesi nei quali in molti casi non risiedono da decenni e nei quali talvolta non sono neppure nati.
Resta fermo l’obbligo, sia per gli italiani che per gli stranieri, di denunciare – anche in sede ISEE – le eventuali proprietà all’estero e il diritto-dovere della Agenzia delle Entrate di fare tutte le verifiche del caso. La vicenda richiama la stessa conclusione che si era avuta, sul medesimo requisito applicato in quel caso a tutte le prestazioni sociali, nel noto caso Lodi, risolto anche in quella occasione da una decisione giudiziaria su analogo ricorso collettivo.
La CGIL Lombardia che insieme alle associazioni ASGI, NAGA e APN ha promosso il giudizio contro la Regione e che da tempo si batte a fianco dei sindacati inquilini per la rimozione di queste gravi ingiustizie, esprime soddisfazione per la rimozione dei requisiti che escludevanoingiustamente molti cittadini stranieri – ma anche tanticittadini italiani con un periodo di residenza o di lavoro per un periodo inferiore ai 5 anni in Lombardia -, bisognosi della possibilità di accedere a un diritto fondamentale come la casa.
Le scelte rilevatesi discriminatorie di Regione Lombardia hanno causato disagi anche ai Comuni che per effetto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale e dal Tribunale di Milano, dovranno rivedere i bandi precedentemente adottati.
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