Durante il lockdown l’inquinamento diminuisce più lungo le strade che a Malpensa
Uno studio di Arpa Lombardia ha comparato i dati delle diverse stazioni di rilevamento lombarde, compresa Milano, con quella aeroportuale: inquinanti in diminuzione, ma più nelle città che dentro l'aeroporto
Il direttore generale di Arpa Lombardia, Fabio Carella, e il presidente dell’Agenzia ambientale, Stefano Cecchin, hanno inviato la relazione sugli effetti del lockdown, nell’area di Malpensa, ai sindaci dei comuni interessati. In particolare, la comunicazione è stata inviata ai sindaci dei comuni di: Somma Lombardo, Casorate Sempione, Cardano al Campo, Samarate, Ferno, Golasecca, Lonate Pozzolo, Vizzola Ticino e Arsago Seprio e all’assessore regionale all’Ambiente e Clima, Raffaele Cattaneo.
A causa dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia COVID-19 – si legge nella nota introduttiva di Arpa Lombardia – sono diminuite, in particolare negli scorsi mesi di marzo e aprile, molte attività antropiche, tra le quali il traffico aereo. Arpa ha condotto nell’area di Malpensa un approfondimento relativo alla qualità dell’aria durante il periodo di lockdown. Nello specifico, è stato confrontato l’andamento dei dati rilevati presso la stazione di Ferno, prossima all’aeroporto, con le misure effettuate nelle altre stazioni della rete di rilevamento della qualità dell’aria delle province di Milano e Varese.
Nello studio sono state considerate le concentrazioni di NO2, PM10 e ozono rilevate nella stazione di Ferno, durante il periodo di lockdown, messe a confronto con i dati misurati nel mese di gennaio e febbraio 2020 e con le analoghe misure effettuate negli stessi periodi negli anni precedenti.
“Come avvenuto anche nelle altre stazioni lombarde e del bacino padano – spiega la relazione – le concentrazioni di ossidi di azoto sono diminuite significativamente a Ferno sia rispetto ai mesi di gennaio e febbraio (in gran parte in relazione alle caratteristiche dispersive tipiche dei mesi considerati, che sempre fanno registrare un miglioramento rispetto alla situazione dei mesi più freddi dell’anno) sia rispetto alle concentrazioni misurate negli stessi mesi del 2019, in questo caso in relazione innanzitutto ad una generalizzata diminuzione delle emissioni inquinanti nel bacino padano”.
“Come già nelle altre stazioni della rete lombarda e del nord Italia – prosegue lo studio – l’andamento del PM10 è meno definito, seppure, in generale, diminuito sia rispetto ai valori di gennaio e febbraio sia rispetto a quanto misurato negli stessi mesi degli anni precedenti con l’esclusione, a Ferno e in parte delle stazioni delle province di Milano e Varese, nei mesi di marzo e aprile dell’anno 2019″.
Per quanto riguarda i risultati del confronto tra i mesi di marzo-aprile 2020, rispetto a marzo-aprile 2019, prosegue il documento: “può aver contributo (a Ferno come nel resto del bacino padano) la presenza della componente secondaria del PM10, che è collegata ai precursori secondo processi non lineari; il possibile incremento della sorgente riscaldamento domestico (in relazione in particolare alla combustione della legna dovuta ad una maggiore presenza di persone nelle abitazioni private) e a episodi di trasporto di polveri e sabbie dall’Est Europa e dal Mar Caspio”.
Per poter valutare un eventuale impatto specifico della variazione delle emissioni dovute alla quasi totale assenza del traffico aereo e del connesso traffico veicolare, si è studiato come le concentrazioni misurate a Ferno siano variate in relazione a quanto successo a Milano e alle stazioni delle province di Milano e Varese.
“L’analisi effettuata – spiega lo studio – non ha rilevato differenze significative tra gli andamenti degli inquinanti a Ferno e quelli rilevati a Milano e nelle stazioni delle province di Milano e Varese. In generale, quindi, gli effetti maggiori del lockdown non sono però stati rilevati a Ferno, ma in altre stazioni, in particolare quelle stazioni da traffico poste in prossimità di strade normalmente interessate da intenso transito veicolare. Questo esito è in linea con i risultati dei precedenti studi ed approfondimenti: nonostante le emissioni aeree ed aeroportuali nel loro insieme – a scala regionale o di bacino – possano non essere trascurabili, in particolare per gli ossidi di azoto, il loro impatto a livello locale per gli inquinanti normati non si distingue dall’impatto di tutte le altre fonti presenti. Allo stesso modo, durante il lockdown l’assenza di questa sorgente determina a livello locale effetti meno pronunciati o comunque non distinguibili rispetto a quelli determinati dalla riduzione di altre sorgenti, in primis il traffico veicolare”.
Infine, l’ozono, un inquinante ‘estivo’, per così dire, che ha registrato comunque dei mutamenti di concentrazione legati all’interazioni con altri inquinanti: “Considerato che la stagione in cui è avvenuto il lockdown non è quella più rappresentativa per l’inquinamento fotochimico – conclude la relazione – per l’ozono è stato possibile solo evidenziare l’incremento delle concentrazioni correlato all’aumentare della temperatura e non ostacolato, a differenza di una situazione normale, dalla presenza di monossido di azoto che – vicino alle sorgenti – tende a reagire con l’ozono diminuendone (localmente) le concentrazioni”.
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