Il marketing è come lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde
È una disciplina controversa, non sempre considerata essenziale nelle funzioni aziendali su cui pesa un giudizio negativo. Un'indagine dell'università Liuc di Castellanza ne mette in evidenza luci e ombre
Quando per commentare un’azione umana si cita il libro più famoso di Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, in genere ci si riferisce a quella scissione che caratterizza l’uomo, da sempre oscillante tra bene e male, tra demonio e santità, tra luce e tenebre. Una visione pò troppo manichea, però utile a semplificare una realtà, quella dell’uomo e delle sue attività, che è molto più complessa in quanto il bene e il male si confondono e convivono sia nel normale dottor Jekyll che nel mostruoso mister Hyde.
Quella stessa scissione netta di sentimenti è stata rappresentata da “The social dilemma“, film inchiesta di Netflix, che indaga sulla persuasione occulta e manipolatoria operata dai social media e sulle implicazioni etico-sociali ed economiche che ne derivano, a partire dai profitti miliardari realizzati dalle piattaforme digitali. Se guardassimo la questione dal punto di vista di mister Zuckerberg, potremmo dire che il proprietario di Facebook e dei suoi algoritmi inizia ad avere qualche problema di reputazione rispetto al social che lo ha reso ricco e famoso. La questione centrale è però relativa a meccanismi psicologici ben conosciuti, resi oggi più pervasivi e pericolosi dalla presenza di una tecnologia nuova, potente, gestita da giovani tecnocrati e nelle mani di un’oligarchia economica.
Il problema della reputazione e l’accusa di manipolazione non è solo un problema dei social media ma riguarda più in generale il mondo del marketing e della pubblicità che le piattaforme social hanno ottimizzato e ritagliato a misura del singolo consumatore. Siamo però certi che queste attività vengano considerate dalla maggioranza delle persone come negative? A questo proposito, è interessante rilevare la conclusione a cui è arrivata una ricerca dell’Università Liuc di Castellanza sulla percezione del marketing in Italia. Dice la ricercatrice Martina Gurioli: «Nel nostro Paese il marketing viene vissuto come il dottor Jekyll e mister Hyde».
La ricerca della Liuc, coordinata dalla professoressa Chiara Mauri, pur accettando – non passivamente – alcune ombre di una disciplina controversa e spesso considerata dagli stessi accademici «una funzione inferiore, rispetto alle altre funzioni aziendali», ha cercato di individuare anche le fonti di luce che la distinguono positivamente, interpellando gli attori principali di questa rappresentazione: imprenditori, manager e consumatori.
Le 1500 imprese e gli oltre 900 consumatori, distribuiti in modo equilibrato su tutto il territorio italiano, che hanno risposto al questionario dei ricercatori della Liuc, a cui si aggiungono i dati scaricati da Twitter, fanno emergere una reputazione di questa disciplina non così compromessa. «In Italia non viene percepito solo il lato oscuro del marketing – spiega la ricercatrice Martina Gurioli – ma sia gli imprenditori che i consumatori ne riconoscono la rilevanza del ruolo in azienda e nella società».
Alla domanda se il marketing è l’arte di vendere qualcosa di cui le persone non sentono il bisogno, il 20% del campione si è detto in disaccordo con il quesito posto, il 33 % neutrale, il 47% in accordo. Spostando l’attenzione del campione sull’attività delle imprese, il 25% è in disaccordo con l’affermazione secondo cui il marketing è qualcosa che le aziende fanno subire ai consumatori, contro il 39% di quelli che invece sono d’accordo.
Il risultato dell’indagine che scardina il lato oscuro del marketing, facendone emergere la potenziale positività, riguarda le domande relative alle questioni più dibattute nella nostra società. Al quesito se il marketing possa avere rilevanza nelle questioni sociali come cambiamento climatico, povertà e pandemie, il 47% dei consumatori e il 63% dei manager hanno risposto positivamente, mentre il 22% e il 14% sono quelli che si sono detti in disaccordo.
Infine il 57% dei consumatori e l’86% dei manager concordano sull’importanza dell’impatto del marketing in molti aspetti della vita delle persone, contro il 13% e il 3% di quelli in disaccordo.
Un ruolo determinante in questa percezione negativa, secondo Martina Gurioli, lo hanno avuto i mezzi di informazione che si servono a loro volta del marketing dandone però ai lettori una visione riduttiva. «Semplificano una disciplina complessa in qualcosa che inganna le persone con pubblicità, sconti e payoff ad effetto per far crescere il fatturato dell’azienda» sottolinea la ricercatrice della Liuc.
Resta però da chiarire un punto importante che la professoressa Mauri, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa, ha evidenziato nella sua introduzione alla presentazione online della ricerca: «Se il marketing è percepito così negativamente, per quale motivo aumentano gli studenti iscritti alla laurea magistrale che scelgono questa specializzazione?».
Forse la risposta a questa domanda potrebbe essere nel romanzo di Stevenson.
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