Viaggio sul Campo dei Fiori devastato dal vento: “Non sarà più come lo ricordiamo”

Migliaia di alberi caduti, pinete rase al suolo e sentieri cancellati. La tempesta di settimana scorsa ha creato danni enormi sul Campo dei Fiori: "Quello che non è riuscito al fuoco è riuscito egregiamente al vento"

Dopo fuoco e acqua anche aria. La furia degli elementi continua a scatenarsi contro il Campo dei Fiori, uscito devastato dalla tempesta nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 ottobre. Uno scenario davvero apocalittico fatto di pinete rase al suolo, alberi spezzati a metà come grissini e sentieri irriconoscibili.

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Il Campo dei Fiori devastato dal vento 4 di 15

«Dovremo fare i conti con un paesaggio stravolto rispetto a quello che negli ultimi cinquant’anni ha accompagnato la passeggiate domenicali di varesini e turisti -dice il Presidente del Parco del Campo dei Fiori, Giuseppe Barra-. Quello che non è riuscito al fuoco, la distruzione delle pinete, è riuscito egregiamente al vento. Sembra però che lavorino in perfetta sinergia insieme all’acqua. L’uno prepara il lavoro per gli altri».

Un vento anomalo, quello che si è registrato quella notte, con raffiche che hanno soffiato da sudest almeno a 113 chilometri all’ora. Almeno perchè poi un albero ha tranciato i cavi elettrici del Centro Geofisico Prealpino, lasciando senza corrente le strumentazioni.

Una direzione del vento contro la quale i boschi del nostro territorio, abituati al Favonio da nord, non hanno troppe difese e che ha soffiato duramente lungo il sentiero 1 del Parco, quello più famoso e battuto che dall’Osservatorio arriva fino al Forte di Orino.

La devastazione del Campo dei Fiori

L’effetto di quel vento si scopre passo dopo passo, come se la montagna volesse svelare lentamente le sue ferite. Prima ci sono i rami a terra, poi i primi faggi e betulle e nel giro di poco si arriva ad abeti dal fusto così grande che non si riuscirebbero neanche ad abbracciare. Ad ogni tronco in orizzontale bisogna crearsi un sentiero per proseguire, specialmente nell’ultimo tratto del sentiero dove un groviglio di piante enormi impedisce il passaggio. O forse prova a nascondere la devastazione più grande: la pineta ai piedi del Forte di Orino, infatti, non esiste più.

È qui che si vede davvero l’effetto di questa tempesta, una distesa ininterrotta di alberi spezzati e sradicati. Nessun superstite. Un dramma ambientale che presto potrebbe portarsi dietro altre conseguenze, ancor più gravi. «Dobbiamo considerare fin da subito le ripercussioni che tutto il materiale abbattuto potrebbe avere rispetto al pericolo incendi o alle criticità idrogeologiche dei territori a valle -continua Barra-. In questi giorni abbiamo iniziato la mappatura dei terreni più colpiti ed è chiaro che dovremo andare ad intervenire anche nei terreni privati perchè quei tronchi non possono rimanere lì».

ll Parco sta mappando i danni in tutta la zona. «Alberi caduti ci sono nella zona di San Francesco e nell’abetaia verso Gavirate -elenca Barra-. Poi nella valle tra il Campo dei Fiori e la Martica dove il vento ha trovato un corridoio e qualcosa anche a Castello Cabiaglio e Orino. Ma niente in confronto a quello che c’è lungo il sentiero 1». Sentieri impercorribili e alberi a rischio di schianto che sono anche un problema di sicurezza, al punto che il Soccorso Alpino ha diffuso un appello a tutte le persone che amano la montagna ad evitare escursioni in questi punti. 

Montagne devastate, il Soccorso alpino chiede responsabilità: “No al turismo dei disastri“

Un’emergenza che si somma ad un’altra emergenza -quella del dissesto idrogeologico- e che rischia di acuirla ulteriormente, con enormi rischi per tutte le comunità che vivono ai piedi della montagna. «Queste sono, a livello locale, le conseguenze più nefaste dei cambiamenti climatici -chiosa Barra-. Dobbiamo ragionare su cosa è necessario fare non solo per ripristinare i danni di questi eventi, ma per attrezzare il territorio a resistere agli eventi futuri che entreranno nella normalità della nostra vita».

Lo sanno bene a Luvinate –dove eventi secolari hanno ormai una cadenza mensile– lo hanno scoperto sopra il Lago Maggiore -con alcune frazioni rimaste isolate per giorni- e ci si prepara a scoprirlo in chissà quale località. Perchè ormai non è più una questione di se ma di quando e dove.

In volo sui boschi del Lago Maggiore rasi al suolo dalla tempesta

 

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 08 Ottobre 2020
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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    La sola cosa più pericolosa dei cambiamenti climatici è ignorare i cambiamenti climatici. E quasi tutti i governi del mondo lo stanno facendo.
    Negli anni 80 e 90 andava di moda attaccare i verdi, poi sono arrivati i movimenti ambientalisti e si è parlato di come dietro questi ci siano interessi occulti di grandi lobby….ora si preferisce dirne di ogni contro Greta Thumberg. Ma queste sono solo distrazioni di massa da parte di chi non vuole cambiare mai nulla accecato dal profitto. Gli stessi che affollano le conferenze come Davos , fanno grandi discorsi ma al di fuori continua tutto come prima (se non peggio).
    Nel frattempo gli eventi climatici stanno diventando sempre più estremi. Che dire….lungimirante….a breve la Terra ci darà la spallata finale. Il problema non sono le piante abbattute bensì quello che ci aspetta nel breve periodo….i nostri figli non vedranno mai più i luoghi che hanno contraddistinto l’evoluzione della civiltà umana. Ci saranno carestie e migrazioni, morti e guerre per accapararsi il diritto di poter occupare i suoli rimasti ancora fertili e non invasi dall’acqua.
    Che dire…ce la siamo cercata.

  2. Avatar
    Scritto da DavideK

    Peccato per gli alberi ed i boschi, ma invece di continuare con la liturgia del “cambiamento climatico”, andatevi a vedere qualche foto del campo dei fiori un secolo fa.
    Niente alberi.
    Ad esempio su “c’era una volta Varese” su FB.
    A domanda: “Come mai non ci sono alberi?” la risposta è:
    “La cima del Campo dei Fiori è stata oggetto di riforestazione. In origine non esitevano piante, era esattemente come lo si può vedere in questa immagine. Il massiccio è totalmente calcareo e antico, l’acqua non viene trattenuta in superficie, scorre nelle viscere ed ha formato le oltre cento Grotte accatastate in Regione presso il Catasto Speleologico Lombardo. Questo è stato il grande impedimento alla crescita di piante.”

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