“Area ex Aermacchi: tra quei muri un pezzo di storia della città”

Il contributo sull'area ex Aermacchi di Katia Accossato, architetto e docente al Politecnico, che fece di quell'area oggetto di studio tra il 2016 e il 2018

Generica 2020
(Nella foto: Katia Accossato e il team di ingegneri che l’hanno accompagnata nel sopralluogo)

Pubblichiamo il contributo sull’area ex Aermacchi di Katia Accossato, architetto e docente al Politecnico, che fece di quell’area oggetto di studio tra il 2016 e il 2018

Cosa è emerso dal laboratorio sulla riqualificazione della ex Aermacchi fra via Sanvito e via Crispi che ho fortemente voluto e coordinato fra il 2016 e il 2018 al Politecnico di Milano (durante i corsi al polo territoriale di Lecco)?

Interrogata su questo lavoro dalla redazione di Varesenews riprendo il discorso, in particolare per chi non avesse visto la mostra patrocinata dal Comune di Varese, da ANCE, dall’Ordine degli Architetti, dalla C.d.C e da Federmanager allestita in Camera di Commercio a Varese, nell’ambito del Festival del paesaggio (Nature Urbane), alla fine di settembre 2018.

Ecco i punti principali della nostra analisi:
• Problema dell’invarianza idraulica ed idrologica, oltre a quella ecologica (materiali nocivi)
• Questione della memoria basata sull’analisi storica e tipologia degli edifici esistenti
• Valutazione della volumetria e di funzioni sostenibili

LA QUESTIONE VELLONE

Iniziamo dal primo punto: nei nostri progetti avevamo forti dubbi che bastasse “scoperchiare” il canale del Vellone (la cui acqua scorre molto in profondità e che per la maggior parte del tempo è in secca). Per una rigenerazione efficace, abbiamo pensato a un vero e proprio intervento paesaggistico che prevedesse un parco verde con funzioni laminative (per evitare esondazioni). In quel caso è anche immaginabile di migliorare il canale senza doverlo aprire. Ne è emerso che senza un’attenta valutazione geologica, idraulica e una progettazione del terreno permeabile (drenante, senza quindi volumi interrati che bloccano la naturale infiltrazione nel terreno) è difficile comprendere l’effettivo rischio idraulico per l’area e per tutta la città.

EDIFICI CHE ESALTANO LEGGEREZZA E TECNICA

Secondo punto: voglio parlarvi degli edifici dell’area dismessa Aermacchi di Varese-città e della necessità di fare chiarezza sulle loro caratteristiche e sulla loro età, tenendo ben presente l’analogia fra apparecchio volante e manufatto architettonico. Entrambi, infatti, sono caratterizzati dalla ricerca della leggerezza, dell’efficienza e della bellezza della tecnica.
Questo parallelismo prende le mosse dalla rivoluzione industriale e dal relativo patrimonio costruito presente in tante aree della città di Varese.
Nel periodo analizzato la macchina non è soltanto un meraviglioso congegno attraverso cui migliorare la produzione e alleviare la fatica del lavoro ma diventa anche un riferimento estetico.
La bellezza della macchina si fonda su una serie di caratteri che fissano nuove categorie: la precisione, la razionalità, la funzionalità assoluta, la serialità. Diversi edifici presenti sull’area dell’ex Aermacchi rispondono a questi requisiti.

LE CORBUSIER, LE CITTÀ, GLI AEREI

“L’aereo accusa la città!”
Le Corbusier, il grande Maestro del Movimento Moderno, nel 1935 dava alle stampe a Londra Aircraft, il libro oltre a mettere in risalto la bellezza della tecnica e della forma degli aerei metteva in rilievo la spietatezza con cui le viste dall’alto e i voli d’uccello svelassero l’arretratezza delle città.
L’aereo era quindi divenuto simbolo di modernità e mezzo per osservare il territorio da un nuovo punto di vista.
Nel libro, dopo aver citato la bellissima mostra voluta dal Regime e dal Podestà di Milano che si proponeva di ricostruire la storia dell’aeronautica italiana dalle origini al 1934, tenutasi nel palazzo della Triennale appena costruito da Giovanni Muzio, Le Corbusier scriveva:

“Ciò che fa la vita è la scintilla che si accende negli esseri VIGILANTI, negli esseri SENSIBILI, negli esseri SIMPATETICI nei confronti di ogni cosa, in coloro che sono animati da potenza creatrice – questo dono magistrale che si coltiva e si sviluppa attraverso la modestia, l’agire in modo disinteressato e la perseveranza.”

GLI ARCHITETTI CHE FECERO L’AERMACCHI

Le persone che avevano costruito l’Aermacchi avevano sicuramente i connotati esplicitati da Le Corbusier. Inoltre Aermacchi era presente a pieno titolo in questa grande “mostra azzurra” milanese (così era stata denominata) nel 1934; fu Giancarlo Palanti (architetto, tra l’altro, della Casa del Fascio di Gallarate insieme a Giulio Minoletti) sotto la guida di Giuseppe Pagano ad allestire la sala dedicata ai “raids e records” dove vennero esposti gli idrocorsa Macchi come l’M.39 con cui era stata vinta la Coppa Schneider, oltre al M52R e al Mc 72.

Sarà, infatti, nella seconda metà degli anni ’30 che l’Azienda varesina conoscerà un nuovo sviluppo, dopo quello eroico degli esordi dal 1913 alla fine della prima guerra mondiale (primo ampliamento a fianco della originaria carrozzeria Macchi).

È così che vennero costruiti, a fianco di quelli del 1915-16 (di cui si conservano in particolare due navate – una grande e una piccola- di un hangar di montaggio degli idrovolanti – che venivano poi portati alla Schiranna con un’interessante capriata metallica) gli edifici direttivi dell’ingresso su via Sanvito, il grande hangar con le nervature in cemento armato (riconvertita in aula bunker del Tribunale), il magazzino e la torre dell’acqua, divenuta una sorta di landmark dell’Azienda.

LA STORIA DEGLI EDIFICI RACCONTATA CON I DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO AERMACCHI

Ho avuto l’onore di conoscere e di partecipare alla ricostruzione delle fasi costruttive dell’area indagando i documenti dell’Archivio storico di Venegono con degli ex dipendenti illustri dell’Azienda, l’Ing. Alessandro Neviani che insieme al collega Paolo Mezzanotte ha pubblicato nel 2010: Never give up! Ermanno Bazzocchi e l’aeronautica italiana, libro edito da Brioschi (Milano).

All’inizio degli anni ’50, ci ricorda l’Ing. Neviani, l’area ha conosciuto un ulteriore sviluppo importante. La ricostruzione dopo i bombardamenti vede nascere il grandissimo edificio della meccanica con l’interessante copertura a shed verso piazzale Tornatore a ovest, e il maestoso hangar di montaggio su via Sanvito a est con la grande volta di travi reticolari.

Intravedo analogie con alcuni hangar, sia adibiti alla costruzione di aerei che di aviorimesse e aeroporti veri e propri, oltre che con altre Aziende simili come la Caproni o la SIAI Marchetti per rimanere sul nostro territorio.
Per quanto riguarda il tipo di insediamento industriale, caratterizzato da una densità di edifici uno accanto all’altro, ci troviamo davanti a un caso molto emblematico, dettato proprio dalle esigenze produttive.

È possibile riconoscere delle precise tipologie costruttive. L’hangar principale di circa 4’600 mq affacciato su via Sanvito, ha adottato la soluzione di travi reticolari tridimensionali costituendo una struttura leggera che riesce a coprire luci molto importanti e ad accogliere grandi aperture.
È un edificio con delle proporzioni molto interessanti. Ed è anche e soprattutto nelle proporzioni che sta la qualità di questi spazi, vera memoria del luogo.
Ricorda la leggerezza degli edifici espositivi parigini della seconda metà dell’800 a Parigi come ad esempio la Galerie des Machines, penso anche all’hangar realizzato a Friedrichshafen nel 1909 (dall’impresa Flender) per i dirigibili Zeppelin grande circa il doppio del nostro pur essendo di un’altra categoria, e, proprio coevo all’hangar dell’Aermacchi, quello di Karl Künding, di Stussi & Wartmann per la Swissair a Kloten (Zurigo) di poco più grande.

I MATERIALI

È interessante notare l’avvicendamento delle fasi costruttive dell’Aermacchi e l’utilizzo di materiali e tecniche di realizzazione diversi in ogni epoca. Acciaio, ferro e vetro negli anni dieci, cemento e muratura negli anni ’30 per poi tornare alla carpenteria metallica nei primi anni ’50.
Nella costruzione degli hangars il calcestruzzo, infatti, iniziò a diffondersi negli anni `30 e, a scapito della flessibilità e della smontabilità (tipica delle costruzioni in ferro), presentava un certo potere isolante, era più adatto a resistere al fuoco e necessitava di minore manutenzione, anche se differente era la capacità di coprire campate molto ampie. Comunque tutti abbiamo in mente i traguardi incredibili raggiunti dalle strutture industriali di Pier Luigi Nervi che tendeva a ridurre al minimo i costi delle casserature e che utilizzava la prefabbricazione.
L’hangar in CA, poi convertita in aula bunker, dell’Aermacchi è particolare perché attraverso la ripetizione di portali paralleli conferisce allo spazio una qualità interessante data dal ritmo delle strutture e raggiunge (per essere in calcestruzzo) una notevole altezza grazie alla tipica forma a cuspide. Ricorda la sezione triangolare delle travi di legno degli hangar di Namur in Belgio del 1915.
Cosi come ricorda anche l’allestimento di Luciano Baldessari per la sala “aviazione e fascismo” all’interno della sopra citata mostra azzurra del 1934 a Milano.

COSA DEVONO FARE LE AMMINISTRAZIONI

Possiamo pensare, lavorando molto intensamente e superando gli ostacoli burocratici che ogni Amministrazione deve fronteggiare di prenderci il tempo necessario per fare tutte le verifiche necessarie? E di proseguire dritti alla meta pensando di recuperare anche qualche edificio notevole con la collaborazione del Pubblico? Nelle nostre ipotesi avevamo tentato il recupero di un edificio significativo per ogni epoca storica. Sono passati tre anni, ora il tempo è scaduto.

Siamo certi che gli attori in campo di questo progetto che non è ancora definito, ma che si sta finalmente concretizzando a Varese e che accogliamo con entusiasmo, considereranno anche la possibilità di ospitare contenuti innovativi dal punto di vista delle funzioni, così come avevamo auspicato durante il nostro laboratorio universitario.

PERCHÈ È GRANDE VARESE

Oggi si fa un gran parlare di brand della città, ricordiamoci Varese nel mondo: penso al famoso caccia Nieuport e agli idrovolanti (e idrocorsa e caccia di due guerre mondiali) a cui si è ispirato diversi anni dopo il grande disegnatore e regista giapponese Miyazaki per i suoi film. Penso a Flaminio Bertoni che lascia la Macchi per volare alla Citroën a Parigi. Penso ai rapporti con la Società Grandi Alberghi e Giuseppe Sommaruga. E penso, come ricordato da Paolo Mezzanotte l’MC202 allo Smithsonian Museum di Washington: trenta anni fa, una conferenza di Bazzocchi in California sulla coppa Schneider fu la più affollata dell’evento (una conferenza dell’AIAA) e “vidi spettatori anziani letteralmente piangere davanti all’immagine dell’MC72” afferma Mezzanotte.

STRADA, PARCO E PIAZZA PUBBLICA, I CONTENUTI DELLA CITTÀ

Volentieri rimango a disposizione per aprire un tavolo di lavoro dove si analizzano gli esiti dei risultati raggiunti anche in funzione delle volumetrie da adottare. Le attività sportive e commerciali possono essere la spinta con cui costruire un vero quartiere. Credo fermamente che l’area debba avere quei contenuti urbani tipici di una città: la strada, il parco e la piazza pubblica.

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

Il web è meraviglioso finchè menti appassionate lo aggiornano di contenuti interessanti, piacevoli, utili. Io, con i miei colleghi di VareseNews, ci provo ogni giorno. Ci sosterrai? 

Pubblicato il 07 Dicembre 2020
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