Fabio, il pianista che “suona“ le motoseghe
Quarantatrè anni, insegnante di piano, nel tempo libero si dedica alle sue montagne: “Sono diventato volontario dopo lo shock dell’incendio al Campo dei Fiori, nel 2017”

In settimana le sue mani confezionano suoni che fanno sognare, insegnano ai suoi studenti la dimestichezza coi tasti del pianoforte, poi con le note e infine con quella grande compagna di vita che è la musica.
Ma nel weekend (o quando serve) le stesse mani si dedicano a un’attività ben diversa: tagliare con la motosega gli alberi caduti nei sentieri assieme alla protezione civile.
Lo sfioro e il taglio, il leggero e il pesante.

Fabio Sioli ha 43 anni e la sua vita nasce con la passione per i numeri e la scienza che presto si intrecciano con la musica: insegnava matematica e fisica e alla fine ha compiuto una scelta dettata dal cuore seguendo l’istinto che montava dalla passione per le note.
«Ora la matematica è più che altro un hobby», racconta quasi divertito, «anche se tra le due cose esiste naturalmente una connessione dal momento he quel che tiene insieme la musica sono i rapporti tra le note, e questa è matematica. Finché si vive a musica livello amatoriale, è come svolgere un’attività molto pratica. Quando però si vuole entrare nel meccanismo, regole, pensiero musicale, e quel che genera la buona musica è allora necessario rifarsi a una costruzione secolare che effettivamente è molto, molto matematica».
La sua vita da pianista si snoda fra il Liceo Musicale di Varese e la Svizzera dove in segna a Morbio, Lugano e Bellinzona. Poi l’organo a Gavirate e i tanti concerti pubblici e privati (nella foto sopra). Verrebbe da pensare che il tempo libero di un artista segua, alla fine, anche le direzioni di quelle passioni elettive composte di cultura e approfondimento. E così è. Ma non solo. Perché c’è un momento, nella vita di Fabio, che gli ha fatto imbracciare i ferri del mestiere dei boscaioli per prendersi cura del patrimonio di tutti.
«Ricordo ancora il grande incendio del Campo dei Fiori, nel 2017. Le lingue di fuoco che si vedevano a chilometri di distanza soprattutto la notte. Un dolore tremendo. Allora ho pensato: “Devo fare qualcosa anche io”».
In quei giorni si moltiplicavano le richieste da parte dei singoli cittadini per “fare qualcosa“: cera chi chiedeva come donare per ripiantare nuovi alberi, o dove poter andare con badili e attrezzi per dare una mano a spegnere le fiamme.
Ma gestire un incendio non è cosa da tutti, non ci si improvvisa e anzi è necessario essere ben preparati e consci di quello che si fa. «Così mi sono iscritto al corso di protezione civile e ora sono un volontario. Spesso nei fine settimana esco con le squadre per la sistemazione dei boschi o per i più diversi interventi. Sono un tuttofare. Sono abilitato come antincendio boschivo e ho seguito un corso per le disinfestazioni dagli imenotteri: calabroni e vespe sono diventate la mia specialità estiva» (nella foto qui sotto).

Dopo la tempesta del 3 ottobre anche le squadre di protezione civile di Cocquio Trevisago sono entrate in azione per riaprire i sentieri dalle migliaia di piante cadute: c’era anche lui, assieme agli altri volontari: «Col gruppo di protezione civile mi trovo bene, ci sono figure professionali davvero qualificate, figure che spaziano dall’ingegnere all’imprenditore, al giovane alle prime esperienze ai tanti pensionati. Alcune sono persone esperte e sono in squadra da trent’anni, c’è un po di struttura piramidale ma gli atteggiamenti di tutti sono improntati a modestia e sacrificio»: poche parole, e far andare braccia e mani.
Fabio ha partecipato anche alle distribuzioni di generi di prima necessità durante la prima ondata Covid e si sta dando da fare anche in questo frangente. Cosa si impara da questa attività? «Ho migliorato molto mio senso pratico. Si imparano cose che potresti non fare in una vita intera, ma quando capita la necessità possono tornare estremamente utili. È bello vedere questo spirito di solidarietà che nasce spontaneamente tra le presone».
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