Italia e Cina: 50 anni di relazioni sotto la lente all’Università dell’Insubria
Durante l'incontro di giovedì si è parlato dei rapporti tra il nostro paese e la Cina, una potenze sempre più rilevante sullo scacchiere internazionale
A 50 anni dalla normalizzazione dei rapporti tra Italia e Cina, il Centro di ricerca sulle minoranze (Cerm) dell’Università dell’Insubria ha organizzato un incontro online dedicato allo sviluppo delle relazioni tra il nostro paese e quello che secondo gli esperti ha tutte le carte in regola per diventare nel prossimo futuro la prima potenza al mondo.
Dallo scambio di competenze e dall’incontro tra le culture ai rapporti commerciali, economici e politici: un tema reso ancora più attuale dal progetto “One belt, one road” (o Nuova via della seta). Durante l’incontro di giovedì 10 dicembre moderato da Alessandra C. Lavagnino, direttrice dell’Istituto Confucio dell’Università degli studi di Milano sono intervenuti i tre professori dell’Università dell’Insubria: Paolo Luca Bernardini (direttore del Disuit), Barbara Pozzo (direttrice del Didec) e Paola Bocale (direttrice del Cerm). Insieme a loro hanno partecipato anche il ministro plenipotenziario Stefano Beltrame e i membri della redazione della rivista OrizzonteCina: Daniele Brigadoi Cologna, Giovanni Andornino, Giuseppe Gabusi e Arianna Ponzini.
Una buona parte dell’incontro di giovedì è stata dedicata proprio alla Nuova via della seta: il progetto di potenziamento delle rotte commerciali coi paesi europei avviato di recente dalla Repubblica Popolare Cinese. «Al momento – commenta Paolo Luca Bernardini – la cosa più importante è lo spirito di iniziativa, sia da parte dei privati che degli Stati. Sono convinto che la One belt, one road possa portare molti benefici al nostro paese e in particolare a due dei principali porti italiani: quello di Genova e quello di Trieste».
«Questo progetto – afferma Barbara Pozzo – offre spunti di riflessione interessanti su tematiche giuridiche dal punto di vista delle frontiere e del traffico di merci, ma coinvolge anche molti altri aspetti: dalla sostenibilità allo scambio di modelli di sviluppo che contrastino i cambiamenti climatici. La Cina ricopre un ruolo fondamentale in questi ambiti, ed è fondamentale osservare in che direzione vorrà muoversi».
Ad approfondire l’argomento sono intervenuti anche i membri della redazione di OrizzonteCina: una rivista scientifica nata nel 2010 che racconta la realtà cinese attraverso un approccio multidisciplinare. «Ci siamo interrogati molto – afferma Giovanni Andornino – sul perché dovessimo accettare l’iniziativa cinese, ma mai sui veri motivi dietro la loro proposta. La mia opinione, sostenuta dalla dichiarazione che il presidente cinese Xi Jinping subito dopo la firma del progetto, è che la Cina abbia promosso questa iniziativa più per promuovere la sua reputazione internazionale che per per potenziare il mercato con l’Occidente. L’Italia ha una forte influenza come potenza culturale, e con questo accordo abbiamo offerto molto alla Cina. Dobbiamo ancora vedere se da questo accordo noi otterremo i vantaggi commerciali che cerchiamo».
«Per l’Italia – ha poi aggiunto Giuseppe Gabusi – il mercato delle esportazioni con la Cina è il 3,4% del totale, mentre quello verso gli altri paesi europei è del 60%. Il problema è che l’Italia non possiede quello che la Cina cerca, vale a dire soprattutto alte tecnologie e materia prima. In generale l’Italia e gli altri paesi europei si trova di fronte a un bivio: da un lato il mercato cinese è troppo grande per essere ignorato, ma allo stesso tempo le tensioni tra Cina e Occidente rischiano di impedire che questo mercato offra reali opportunità alle nostre aziende».
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