Per le spese postali “gonfiate“ a Laveno Mombello condannata dirigente pubblica
La donna al centro di un’indagine della Finanza che nel 2018 aveva accertato strani ammanchi di cassa all'Autorità di Bacino. Il difensore: “Non è stata lei"
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Nonostante l’era delle “Pec“, le raccomandate continuano a venir spedite, con costi elevati per l’ente pubblico cioè l’autorità di Bacino dei laghi con sede a Laveno Mombello. Almeno questo secondo l’accusa.
Poiché da qui parte l’inchiesta che ha portato a ipotizzare un ammanco di cassa elevato e che secondo i giudici di Varese, ora che il primo atto del processo è terminato, ha portato alla condanna della dirigente ritenuta responsabile di peculato, falso materiale e falso ideologico a tre anni di reclusione.
La sentenza è arrivata ieri per un caso che sollevò parecchio scalpore quando emerse nelle cronache di due anni fa.
Le accuse riguardano un periodo di cinque anni, dal 2012 al 2017 e la somma che la donna è stata condannata a restituire ammonta a 64 mila euro.
L’imputata si è difesa sostenendo fin da subito di non essere lei ad aver falsificato le ricevute postali attraverso le quali venivano “drenate“ risorse all’ente per lettere mai inviate, tesi risultata non sufficiente per convincere il collegio giudicante.
Le indagini vennero condotte dalla Finanza di Luino e partirono appunto dalla denuncia presentata dallo steso ente: ai tempi della conclusione delle indagini – era l’ottobre 2018 – la magistratura dispose due sequestri di danaro su conti intestati e cointestati all’imputata per oltre 70 mila euro, soldi che sono stati restituiti perché ritenuti estranei alla vicenda.
La richiesta del pubblico ministero è stata di 4 anni e 8 mesi ma sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate portando alla pena più bassa.
«Spero che in appello venga messa in evidenza la verità: non è stata lei», commenta l’avvocato Pier Paolo Caso, che annuncia il ricorso.
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