Storie di Natale dalla corsia dell’ospedale: i racconti e le emozioni di chi è in prima linea

Sono medici, infermieri, fisioterapisti, soccorritori che raccontano cosa lascia loro questo anno difficile e duro

Un anno sempre in prima linea, a contenere la sfida pericolosa e sconosciuta. Più di tutti, sono medici, infermieri, operatori sanitari, soccorritori ma anche tecnici e ausiliari dei servizi ad aver gestito la grande emergenza sanitaria che ha travolto l’intero pianeta.

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Grazie a tutti gli operatori sanitari 4 di 34

In occasione del Natale vogliamo raccontarvi sentimenti, emozioni e speranze di chi, anche il 25 dicembre, sarà al suo posto, come ogni anno, per dare salute a chi non ce l’ha.

SIAMO STATI TRAVOLTI MA ABBIAMO TENUTO BOTTA

Grazie agli operatori dell'Asst Sette Laghi

La dottoressa Cinzia Gambarini è il primario della pneumologia dell’ospedale di Varese, il suo reparto, insieme a quelle del professor Paolo Grossi dei Malattie infettive e dell’unità specifica Hub Covid diretto dal professor Francesco Dentali, ha gestito decine di pazienti con il fiato corto, attaccati alle bombole dell’ossigeno con gli occhi pieni di paura: « Abbiamo visto tanta sofferenza come mai prima – commenta la dottoressa – soprattutto in questa seconda ondata, dove Varese è stata travolta in modo molto duro. Ci ha colpito anche nelle nostre case, negli affetti, nelle amicizie.  Mesi davvero tremendi. Ma abbiamo retto grazie a una squadra stupenda. La mia azienda è stata brava e capace, ci ha fatto sentire una squadra, tutti uniti contro le difficoltà crescenti.
Cosa mi lascia questa esperienza? La consapevolezza del mio gruppo, di poter contare sui miei colleghi e collaboratori. Ne usciamo stanchi, sfiniti ma orgogliosi per aver raggiunto il risultato insieme, senza mai cedere allo sconforto o alla stanchezza»

Come vivo questo Natale? Sono al mio posto, accanto ai miei pazienti che non sono quelli storici ma persone con bisogni speciali. Il significato di questa giornata è profondamente spirituale: vale sempre la pena vivere se si aiuta il prossimo e si riesce a fare del bene a qualcuno. La soddisfazione che si ottiene ripaga di ogni sforzo. È un momento difficilissimo, soprattutto è delicato il rapporto con i parenti che vivono appesi al telefono nella speranza di ricevere na notizia positiva. Ma non sempre possiamo darla: l’umanità e la relazione sono ciò che lenisce il dolore,  c’è grande bisogno di empatia.
L’augurio è che questo Natale ci faccia comprendere fino in fondo il valore della vita e della salut

NOI INFERMIERI IN PRIMA LINEA: STANCHI, UN PO’ ARRABBIATI MA SEMPRE MOLTO MOTIVATI

Giornata internazionale dell'Infermiere

Aurelio Filippini è il Presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche a Varese. Nel corso di questa pandemia ha messo da parte il suo ruolo istituzionale e ha indossato nuovamente il camice: « È stato bello rientrare appieno nella clinica. È stato come rientrare a casa mia, a ciò che amo, perché io sono un infermiere appassionato del suo lavoro. Il 2020 è stato l’anno internazionale degli Infermieri ed è stato preso alla lettera. Abbiamo avuto modo di chiarire chi siamo, cosa facciamo, il nostro ruolo nel sistema sanitario. Abbiamo dimostrato che i tagli continui alla sanità pubblica hanno indebolito il sistema e li abbiamo pagati a caro prezzo. Ma siamo stati capaci di far far emergere l’aspetto della relazione che è fondamentale nella nostra quotidianità. Accanto ai letti dei pazienti ci sono gli infermieri che assistono nel fisico e nello spirito. Un perfetto equilibrio tra tecnica e umanità.  Ora siamo stremati, un po’ arrabbiati ma nessuno ha perso la motivazione. Abbiamo retto a una sofferenza enorme e profonda, mai vista prima in modo così costante e intenso. Credo che sia stata la prima volta, dopo decenni, che il mondo sia stato costretto ad affrontare un dolore così vasto. Questo virus ha colpito il fisico ma anche l’anima, ha strappato i malati ai propri cari che hanno affrontato in solitudine la malattia e, a volte, la morte. È capitato che non ci fosse nemmeno il tempo di avviare una relazione, la fine arrivava repentina e non si poteva fare altro che fare una carezza e recitare una preghiera. Un’esperienza che lascia segni profondi ma che non incrina la nostra determinazione».

IN AMBULANZA NEL SILENZIO ASSORDANTE DELLE CITTA’

Grazie agli operatori dell'Asst Sette Laghi

Salgono sulle ambulanze, scafandrati oggi come in piena estate: sono i soccorritori del 118, il primo aiuto per chi sta male. Molti di loro sono in prima linea sin dalla primavera scorsa quando sono stati spostati nelle aree drammaticamente più colpite. Impresso nelle loro menti c’è il silenzio delle città spaventate: « Siamo andati a Lodi, Cremona, Mantova. Ovunque trovavamo strade vuole e un silenzio impressionante. Percorrevamo chilometri per soccorrere chi stava male e trovargli un posto in uno degli ospedali lombardi. Abbiamo viaggiato tantissimo, in un’atmosfera da paura dove solo i corvi riempivano il silenzio quando si alzavano in volo al nostro passaggio attraverso le campagne».  Un’esperienza che rimarrà per sempre nelle loro memorie: « Correvamo, facevamo del nostro meglio ma qualche volta ci siamo sentiti inutili:  tornavano in ospedale e trovavamo ormai deceduto il paziente che avevamo soccorso in tutta fretta qualche ora prima. Questo sentimento di frustrazione rimarrà indelebile: noi siamo abituati a trasportare le persone, anche gravi e gravissime, e perderle di vista perché vanno poi in reparto. Ma questa volta ci imbattevamo nei sacchi chiusi con i nostri assistiti ancora nel posto dove li avevamo lasciati: ed è stato tremendo».  Tremendo anche il momento della separazione dai parenti: « Eravamo quelli che portavano via la persona amata, che forse non avrebbero più visto. Abbiamo assistito a momenti dolorosi e toccanti, a cui non ci si potrà mai abituare».

La dottoressa Sabina Campi è alla guida del 118 varesino, un ruolo che ha occupato dal primo settembre scorso, giusto in tempo per gestire la seconda, pesantissima ondata su Varese:
« La nostra normalità, la quotidianità nella vita privata e nel lavoro sono state travolte – commenta la dottoressa – Niente sarà più come prima anche se ne abbiamo un bisogno disperato. Per me è difficilissimo rinunciare agli abbracci, alle carezze: anche nel mio ruolo di medico sono sempre fisica perché mi piace il contatto, credo che aumenti l’empatia. Dover tenere le distanze mi è difficile. Gestire la disperazione, lo smarrimento o la preoccupazione solo con le parole e gli sguardi è frustrante. In questi mesi di servizio ho incontrato davvero tanta paura: come in quella madre che non riusciva a far assistere il suo ragazzo, da giorni con febbre altissima. Ho capito quanto fosse disperata perché non trovava risposte e mi sono messa nei suoi panni.
Il mio Natale sarà intimo ma bellissimo: ho bisogno di attaccarmi allo spirito del Natale, che mi restituisca serenità. Sono con la mia famiglia, un’intimità che è una carezza all’anima».

UN INCONTRO DRAMMATICO CHE MI HA CAMBIATO LA VITA

dottor Cannavò con Mattia

Il dottor Massimo Cannavò è un chirurgo oncologo dell’ospedale di Cittiglio. A marzo scelse di presentarsi volontario all’ospedale di Cremona. Una decisione che gli ha permesso di essere tra i protagonisti della rinascita del giovanissimo Mattina, appena 18enne salvato in extremis : « Ho vissuto esperienze indimenticabili perché abbiamo improvvisato davanti a un nemico sconosciuto. Quei giorni a Cremona hanno modificato il mio modo di lavorare. L’affetto ricevuto e la gratitudine hanno dato il senso pieno della mia missione. Io sono in cammino, voglio e devo continuare a  migliorarmi: ma l’obiettivo della relazione è ciò che dà la dimensione del mio percorso.
Quell’incontro mi ripaga di tutti i sacrifici fatti per arrivare sino a qui. Con Mattia e la sua famiglia è nata un’amicizia che va oltre la medicina, arriva alla mia quotidianità. Quel vissuto ha condizionato la mia azione durante gli ultimi difficili mesi negli ospedali varesini così duramente colpiti. Ricevo ancora tanto affetto, anche da parte di parenti che hanno visto i propri cari sconfitti: è questo il senso della professione, dare tutto se stesso e mostrarti agli altri in un’alleanza fatta di abilità ma anche di emozioni.
Il giorno di Natale  sono in reparto, al mio posto. È difficile e strano perché è un momento difficile sono con la voglia di aiutare chi soffre a sentire il messaggio di speranza che la festa porta con sé».

E’ NEI MOMENTI PIU’ DIFFICILI E DOLOROSI CHE L’UOMO SA ESSERE MERAVIGLIOSO

asst

Gianluca Di Siena è un fisioterapista ed entra ogni giorno in reparto per aiutare i suoi pazienti a riacquistare forze e mobilità. Un lavoro lungo, a volte, e certosino, che lui vive portando in reparto la sua leggerezza , un toccasana per ridare grinta a chi si sente sopraffatto: « La prima settimana è stata difficilissima. Lavoravo scafandrato, con un sacco di limiti e obblighi, con persone che andavano sostenute e motivate. E con la grande paura di rimanere contagiati. Presto però, mi sono messo tutto alle spalle, paura, dubbi, incertezze davanti a quelle persone che si affidavano totalmente a me. Io ero la loro guida. In cambio ti restituiscono un’umanità infinita di quelle che ti galvanizzano. Sentire le loro storie, vederli felici durante la videochiamata, assistere ai miglioramenti quotidiani e sostenerli nei traguardi giganti quotidiani sono momenti irripetibili, dove ti trovi in mezzo perchè ti voglio lì, al loro fianco, per condividere il ritorno alla vita. Questa professione, che amo moltissimo, mi sta dando delle gioie inaspettate perché  l’essere umano sa essere meraviglioso, solidale e tutto ciò viene fuori nel dolore e nelle difficoltà.
Quest’anno non riesco a sentire lo spirito natalizio. La pandemia mi ha stravolto la vita, a me come a tutti, e faccio fatica a ritrovarmi. Per me il 25 Natale è una giornata con gli obiettivi soliti, per i miei pazienti: ognuno ha una storia e un percorso. Rimango concentrato sulla mia strada perché per tutti sia Natale al più presto».

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 24 Dicembre 2020
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