Il giudice dà ragione al rider, l’algoritmo è discriminatorio
Per la prima volta in Europa un giudice stabilisce che "Frank" è cieco e pertanto indifferente alle esigenze dei rider
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Tre anni fa l’ex segretaria della Cgil, Susanna Camusso, lo aveva detto chiaramente durante un convegno: gli algoritmi usati dalle piattaforme informatiche vanno contrattati per salvaguardare i diritti dei lavoratori.
Ora arriva una sentenza del tribunale di Bologna che ha accolto il ricorso promosso congiuntamente da NIdiL Cgil, Filcams Cgil e Filt Cgil relativo ad una importante società di consegne di pranzi e cene a domicilio e i rider, cioè i collaboratori che in bicicletta consegnano il cibo a chi lo ha ordinato sulla piattaforma.
«L’algoritmo utilizzato da Deliveroo per valutare i rider è discriminatorio. È una svolta epocale nella conquista dei diritti e delle libertà sindacali nel mondo digitale – ha commentato il segretario confederale Tania Scacchetti -. Per la prima volta in Europa un giudice stabilisce che “Frank” è cieco e pertanto indifferente alle esigenze dei rider che non sono macchine, ma lavoratrici e lavoratori con diritti».
«Il ranking reputazionale – spiega Scacchetti – declassa alla stesso modo, senza alcuna distinzione, sia chi si assenta per futili motivi, sia chi si astiene dalla consegna per malattia o per esercitare il diritto di sciopero. Il giudice ha ritenuto quindi che il modello di valutazione adottato dalla piattaforma di food delivery era il frutto della “scelta consapevole” dell’azienda di privilegiare la disponibilità del rider, senza mai considerare le ragioni del suo possibile mancato collegamento alla piattaforma poiché come afferma il Tribunale: “quando vuole, la piattaforma può togliersi la benda che la rende “cieca” o “incosciente” rispetto ai motivi della mancata prestazione lavorativa da parte del rider e, se non lo fa, è perché lo ha deliberatamente scelto».
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