Grossi: “Pochi i casi di variante del virus: massimo sforzo per intercettarli e isolarli”
La sfida contro il coronavirus non è ancora vinta. Il primario di malattie infettive dell'ospedale di Varese si dice più preoccupato per la ripresa delle scuole in presenza

Il virus circola di meno, ma circola. All’ospedale di Varese il professor Paolo Grossi, primario di malattie infettive e docente dell’Università dell’Insubria, ha ancora il reparto completamente dedicato al Covid: « Non faccio in tempo a liberare un letto che subito viene occupato – commenta il professor Grossi – La richiesta è elevata tanto da non permetterci di seguire adeguatamente tutti gli altri pazienti. Il personale è impegnato nel reparto e non facciamo attività ambulatoriale. Questa situazione pesa parecchio soprattutto per i nostri pazienti affetti da altre malattie. Non possiamo permetterci di abbassare la guardia ma, anzi, è il momento di essere ancora più rigorosi nel rispetto delle regole su distanziamento, igiene e mascherine ».
A fare paura ora sono soprattutto le varianti inglese, sudafricana e brasiliana. È preoccupato?
A livello scientifico non ci sono molte informazioni. Si sa che la circolazione è maggiore e che, quindi, occorre elevare l’attenzione. Nel nostro ospedale vengono sequenziati i virus e, fino ad ora, a parte qualche caso di variante inglese ( e il primo di brasiliana, ndr) , non è emerso nulla. Tracciare e studiare la situazione è fondamentale così da impedire che la situazione sfugga di mano. Io credo che solo con la vaccinazione arriverà il miglioramento. Quindi chiedo a tutti di tenere duro con la speranza di essere fuori da questa situazione a Natale.
Tracciare e isolare, dunque, chiunque rientri da zone dove circolano le varianti
Individuare con tempestività è importante, così come isolare i casi sospetti. Massima raccomandazione a quanti rientrano da zone a rischio. Chi viaggia con voli diretti, ad esempio, ha già un percorso predisposto che va allargato anche a chi proviene da quelle zone ma con scali in aeroporti differenti, o chi utilizza i propri mezzi.
Cosa pensa della riapertura delle scuole superiori?
Le scuole in sé non sono luoghi pericolosi. Sono più preoccupato dell’uscita, dove, di solito, i ragazzi allentano le misure. Li capisco, io alla loro età, probabilmente farei la stessa cosa. La socialità è, in questo momento, il rischio più elevato perché i giovani poi trasportano in famiglia il virus e i contagi si moltiplicano. Attenzione e cautela, sempre. Sperando, poi, che non arrivino quelle varianti più contagiose.
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