Meno traffico, ma nel 2020 l’inquinamento rimane alto
Tra i capoluoghi lombardi sforano i limiti dei 35 giorni di superamento Milano, Bergamo, Brescia e le città della "bassa". Si salva la fascia pedemontana. Dipende anche dall'allevamento intensivo
L’emergenza smog non si placa, nemmeno nell’anno della pandemia con una drastica riduzione di spostamenti e attività produttive, segno che il problema è cronico e va affrontato con politiche strutturali e con una pianificazione adeguata. Lo dimostrano i numeri del dossier Mal’aria 2021 presentato da Legambiente. Il rapporto ogni anno analizza i dati dei superamenti dei livelli di polveri sottili nelle città capoluogo di provincia.
A Milano la centralina di viale Marche ha segnato 79 giorni di superamento del limite di pm10 imposto dalla normativa europea, attestandosi ai primi posti tra le città in Italia dopo Torino, Venezia, Padova, Rovigo e Treviso. Nel resto della regione anche a Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lodi, Mantova, Monza e Pavia tutte le centraline sforano i limiti dei 35 giorni di superamento. Solo a Lecco, Sondrio e Varese tutte le centraline rispettano i limiti (a Varese come capoluogo, la città: 23 i giorni di sforamento nel 2020).
“Se i giorni di superamento del Pm10 sono un campanello d’allarme dello smog, le medie annuali rappresentano la cronicità dell’inquinamento e sono il parametro di riferimento per la tutela della salute, come indicato dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che stabilisce in 20 microgrammi per metro/cubo la media annuale per il Pm10 da non superare. In Lombardia una media annuale superiore a quanto indicato dall’OMS si è registrata a Milano con 34µg/mc, Cremona e Lodi con 32µg/mc”.
«Paghiamo ancora lo scotto dell’inadeguatezza dell’Accordo di bacino padano, stipulato ormai più di 5 anni fa» dice Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. «Il Piano era partito debole e poco ambizioso fin dall’origine ed è stato puntualmente disatteso a furia di deroghe da parte di Regioni e Comuni, che non sono state in grado né di pianificare e realizzare il cambiamento previsto e programmato, nè di controllare che le poche misure adottate venissero quantomeno rispettate. La pandemia, poi, è stata usata come scusante per fermare anche i processi positivi in atto».
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Il mancato rispetto dei limiti normativi previsti dalle Direttiva europea per il Pm10 e gli ossidi di azoto costa al nostro Paese pesanti procedure d’infrazione, alle quali si è aggiunta lo scorso novembre una nuova lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea in riferimento alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm2,5). Legambiente Lombardia ha inscenato un flashmob dimostrativo questa mattina davanti a Palazzo Lombardia a Milano consegnando un assegno in bianco destinato all’Unione Europea a firma della Regione Lombardia, per sanare le infrazioni causate da misure insufficienti adottate per contrastare l’inquinamento atmosferico.
«Vogliamo città pulite e più vivibili» aggiunge Federico Del Prete, responsabile mobilità di Legambiente Lombardia. «Per farlo bisogna necessariamente partire dai trasporti, una delle maggiori fonti di particolato sia primario sia secondario in città. Si deve abbandonare la logica dell’emergenza, ripensando radicalmente l’uso della strada a favore di tutti i veicoli, dando ulteriore spazio alla mobilità leggera in tutte le sue forme. Va potenziato il trasporto collettivo, da rendere sempre più efficiente, così come i veicoli in condivisione, per garantire ai cittadini il diritto di muoversi senza inquinare e senza occupare lo spazio di tutti. L’obiettivo dei Pums deve essere anche quello di mitigare la congestione, finanziando piani di spostamento casa-lavoro e casa-scuola sostenibili e veicolando risorse per la realizzazione di linee di bicipolitana, per affrontare un progressivo divieto alla circolazione delle automobili private nelle città. Senza deroghe e senza scappatoie».
Uno dei fattori che incidono notevolmente sui livelli di inquinamento è anche la filiera agro-zootecnica. Oltre 2/3 delle polveri sottili sospese, infatti, sono costituite da microcristalli di sali d’ammonio, che si formano in atmosfera a partire da un inquinante gassoso prodotto dagli allevamenti intensivi, l’ammoniaca, che si combina con gli NOx provenienti dal traffico. Se si pensa che la ‘bassa’ lombarda concentra il 51% di tutti i suini e quasi il 25% dei bovini allevati nel territorio nazionale, è palese il perché in inverno capiti spesso che i parametri di inquinamento siano anche peggiori nei centri agricoli che nella metropoli lombarda: l’allevamento intensivo diventa una concausa degli elevati livelli di inquinamento atmosferico.
Secondo l’associazione ambientalista le risorse della PAC, Politica Agricola Comune, devono essere spesi per rendere la filiera zootecnica più sostenibile: occorre rafforzare ed estendere temporalmente le misure invernali di limitazione e divieto invernale di spandimento di liquami, per i quali deve essere generalizzato l’obbligo di copertura delle relative vasche di stoccaggio e imposto l’impiego di macchine agricole che ne assicurino l’immediato interramento. La Lombardia non può permettersi di essere la terza regione europea per concentrazione di allevamenti intensivi: occorre avviare da subito un percorso di ristrutturazione che punti a ridurre le densità di capi allevati,diversificando produzioni e fonti di reddito per le aziende agricole della Bassa lombarda.
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