“Il mio viaggio in treno e quella distanza incolmabile fra infrastruttura e servizio“
Le considerazioni di un «addetto ai lavori» appassionato utente del trasporto pubblico: “Enormi innovazioni tecniche, perché cadere così in basso sulla qualità del servizio?"
L’entusiasmo e la passione per chi lavora nei pubblici servizi dovrebbe esprimersi con la cortesia e la gentilezza ma a fronte di un grande impegno e sforzo infrastrutturale Trenord lascia sbigottiti per certi comportamenti e atteggiamenti nei confronti dell’Utenza; evidentemente si ritiene che la linea di Luino sia solo per le merci e che sia quasi un fastidio avere a che fare con i passeggeri.
Viaggio da anni sulla linea di Luino, ora, trasferito a Roma, la utilizzo per l’ultimo miglio, Milano – Laveno; oggi, domenica 17 gennaio, con congruo anticipo arrivo in stazione a Laveno alla volta di Gallarate confidando nel TILO delle 13 come da sito web Trenord: con altri aspiranti passeggeri notiamo che il pannello informativo segna come primo treno x Gallarate quello delle 14. Già ma quello delle 13? Invano cerchiamo di bussare all’ufficio movimento ma a Laveno regna profonda la desolazione: all’ingresso alla sala d’attesa un foglio A4 sgualcito ricorda che la sala è chiusa per evitare assembramenti e le porte sono legate con un catenone che sembra esprimere finalmente la liberazione del fabbricato viaggiatori da pigri aspiranti passeggeri che pretendono di ripararsi dal freddo; con altri passeggeri sentiamo così voci provenire dal bar della stazione, unico segno di vita in questa stazione totalmente abbandonata: qui subito scatta la solidarietà, umana quelle relazioni umane che Trenord sembra avere dimenticato e sostituito con la cosiddetta “infomobility”, telecamere e app: ci dicono che dovrebbe arrivare il treno da Gallarate ma di non dare ascolto all’annuncio che indica che quel treno andrà a Luino in quanto alla domenica ferma a Laveno e poi, appunto alle 13 torna a Gallarate (nella foto, la stazione “dello Stato“ di Laveno Mombello).
Perplessi ma fiduciosi, io con il treno per Roma, una ragazza con il biglietto per Bologna e altri con altre destinazioni, ci trasferiamo sulla banchina dove vediamo effettivamente arrivare il treno TILO.
Arriva il treno e cerco il personale di bordo trincerato in cabina che a fronte della domanda «perché queste disinformazioni?» non ti degna di uno sguardo e subito dicono «non dipende da noi, personale viaggiante». E da chi diamine dipende questa vergogna?? Riferisco a quel personale che questo disservizio merita una lettera ai giornali e loro fanno spallucce. Dopo qualche fermata quello stesso personale viaggiante esce dalla cabina e mirando verso di me viene a chiedere i biglietti ma quel controllo, visto l’esiguo numero di passeggeri, la rarefazione dei controlli in tempo di covid, considerato poi che sono il primo a dover esibire il documento di viaggio, appare più un esercizio di potere cui naturalmente mi sottometto esibendo i titolo di viaggiatore pagante.
Ho vissuto in prima persona il grande balzo nell’innovazione del materiale rotabile (così i ferrovieri chiamano i vagoni), dai carri bestiame con servizi intasati per appalti delle pulizie scaduti, a porte che restavano aperte o che imprigionavano passeggeri ad oggi, alle splendide vetture di oggi, alcuni convogli financo alimentati ad idrogeno; ma non sono passati decenni, solo qualche anno; eppure l’atteggiamento di stanchezza e sfiducia che trapela dai comportamenti nel servizio non è cambiato: mi chiedo, ma tra tutti quegli investimenti non si poteva e non si può ritagliare i fondi necessari ad un corso di “etica di base” agli addetti ai servizi? Se abbiamo una linea appena ristrutturata, splendide vetture, cosa ci vuole ad offrire un servizio normale, stare attenti all’Utenza, al Cliente assicurando normali ed idonee informazioni?
Ricordo qualche tempo fa, pre covid, mi trovavo in stazione a Vienna e cercavo di fare un biglietto al fast tiket e mi sento interpellare da personale in divisa … ricordo che trasalii temendo di essere incorso in qualche infrazione: nulla di tutto ciò, mi chiesero con garbo: “how can we help you?” avete bisogno? Ricordo che quel personale indossava in modo impeccabile la divisa da ferroviere, trapelava l’orgoglio di appartenere all’azienda: cravatta non allentata, pantaloni e scarpe di ordinanza, portamento, affabilità, disponibilità, insomma accoglienza e senso del servizio che facilitano il rispetto per uno dei servizi più importanti per la contemporaneità, la mobilità, la mobilità collettiva e sostenibile.
Tornando al viaggio verso Gallarate, dopo aver esibito il titolo di viaggio la tensione per l’inconveniente si scioglie, il controllore mi riferisce di avere avvisato del deficit informativo in stazione a Luino, lo ringrazio, e poi si parla del problema irrisolto da anni delle difficoltà mai superate per fare gran parte dei biglietti on line su questa linea o dei numerosi disguidi sul Malpensa; della mancanza di informazioni a Garibaldi per il collegamento su Laveno Luino, così come da Gallarate, dove chi non pratica la linea da pendolare esperto come fa a capire dal tabellone di Gallarate che la linea per Laveno e Luino non è quella che va a Varese e che a Gallarate “Cadenazzo” significa anche Laveno e Luino?
Certamente c’è molto da fare ma a mio modesto avviso, mi occupo per lavoro di mobilità sostenibile, del ruolo della mobilità nel sistema territorio, sono i cosiddetti principi informatori, le idee di fondo, le politiche, che non sempre sono espresse al meglio: gli investimenti, i grandi lavori servono e certamente siamo tutti grati agli sforzi compiuti in questi anni e in quelli che si faranno; ma dobbiamo, dico dobbiamo coma classe dirigente in generale, abbiamo l’onere di comunicare meglio obiettivi e finalità; se abbiamo la fortuna di avere il treno che arriva fino a Laveno e poi a Luino, caspita è un grande sforzo per la comunità, un onere molto impegnativo: non è certo come collegare Varese con Milano in questi luoghi lontani dal contesto metropolitano più denso, dove il trasporto pubblico fa parte ed è connaturato nel sistema, stiamo parlando di punti stazione nel territorio rado, di snodi territoriali ove possono convergere autobus e battelli, sono i luoghi dello scambio intermodale che dovrebbero essere esaltati come Gate.
E’ proprio in questi luoghi che serve però investire in comunicazione ed attenzione, le stazioni devono essere un punto di riferimento informativo, una sicurezza e non il luogo più depresso del paese.
Stefano Introini
architetto, ex responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Luino
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Egr. Stefano Introini, prendo atto della sua diplomatica e significativa lettera divulgata da Varesenews. Mi rendo conto che per diventare Varese e altre città della provincia, “città di collegamento internazionale” e non più solo di capolinea, occorrono molti più sforzi e tempo, rispetto a quelli spesi sin quì con la tratta “Arcisate-Stabio”.
Dopo tutto basta trovarsi in altre realtà continentali (Russia inclusa) per comprendere quello che anche a lei a Vienna non é sfuggito. Non ci resta che sperare in tempi migliori.