Un anno senza Kobe Bryant
Il 26 gennaio 2020 un incidente aereo portò via uno dei più grandi campioni della storia del basket, il fenomeno dei Lakers che crebbe in Italia e amò il nostro Paese
Oggi, un anno fa, a Bologna era appena stata sollevata dall’arbitro la palla per la contesa iniziale del match tra la Fortitudo e la Openjobmetis Varese quando dall’altra parte dell’oceano rimbalzò la notizia – pubblicata inizialmente su TMZ – destinata a far piangere centinaia di milioni di appassionati di basket. Kobe Bryant era morto in un incidente aereo.
A Calabasas, California, l’elicottero che trasportava il campionissimo della pallacanestro (nato nel 1978) e altre otto persone (tra cui Gianna, figlia del campione) si era appena schiantato in una mattina di forte nebbia senza lasciare scampo agli occupanti. E proprio al palasport bolognese venne alzato il primo striscione in onore e in memoria di Kobe, scritto in fretta e furia dai tifosi locali che, in qualche modo, comunicarono ai giocatori in campo quanto accaduto negli States.
Da quel momento, il mondo dei canestri e dello sport in generale ha iniziato a piangere perla scomparsa di un vero e proprio simbolo. Bryant, il Black Mamba come era stato soprannominato, in carriera vinse cinque titoli NBA con i Los Angeles Lakers, la sua unica squadra per vent’anni, venne nominato miglior giocatore (MVP) della regular season per una volta, e per due volte MVP dei playoff. Conquistò due ori olimpici con gli USA e due titoli di capocannoniere. Di fatto raccolse l’eredità di Michael Jordan (e quella precedente di Magic Johnson e Larry Bird) nel diventare il volto più riconosciuto del basket a livello planetario.
Lo schianto di Calabasas portò via anche un grande amico dell’Italia. Kobe infatti ha vissuto a lungo da bambino nel nostro Paese, quando seguì il padre Joe che disputò diverse stagioni nel campionato italiano dopo aver lasciato la NBA. Qui Kobe imparò i fondamentali della pallacanestro, frequentò le scuole, si fece una cerchia di amici e cominciò a parlare fluentemente l’italiano tanto che in un vecchio spot NBA dedicato al mercato mondiale – quando ancora non c’erano azzurri nella Lega – toccò a lui salutare nella nostra lingua. Appena diventato “pro”, passò anche da Varese per essere protagonista di un curioso spot dell’Adidas – allora suo sponsor – girato nella palestra “dei pompieri” di via XXV Aprile. In questi giorni Reggio Emilia, la città cui fu più legato, ha dedicato a Kobe e Gianna una piazza.
Ma non si contano gli omaggi degli appassionati: in un anno sono stati decorati con la figura del Mamba, con i colori gialloviola e con i numeri 8 e 24 (quelli indossati in carriera) numerosi playground e muri un po’ ovunque, in Italia e in tutto il mondo.
La sua morte ha, in qualche modo, anticipato l’incredibile anno della pandemia (che il 26 gennaio non era ancora tale), quello che la NBA stessa ha vissuto in maniera inedita con l’organizzazione di una “bolla” a Orlando in cui giocatori, staff e addetti ai lavori sono stati rinchiusi per disputare le ultime partite di stagione regolare e i successivi playoff. Che si sono conclusi con la vittoria dei Lakers, la ex squadra di Kobe, ora guidata in campo dal suo erede a livello di notorietà mondiale e impatto sul gioco, LeBron James.
Il Kobe Bryant Museum disegnato da un ragazzino 12enne di Gallarate
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