A Varese la magia esiste, è al binario 9 e tre quarti
L’associazione Culturale Binario 9 ¾ nasce con lo scopo di divulgare l'arte della Magia e prestidigitazione a Varese e provincia. Mattia Santangelo ci ha raccontato come è nata

Quando si è giovani, annoiarsi è semplice. Tanti ragazzi si lamentano del fatto che nella nostra città non ci sia mai nulla di interessante da fare. Eppure, basterebbe guardarsi intorno, per scoprire quante opportunità ci circondano.
“Farebbero qualsiasi cosa per far finta che la magia non esiste, anche quando ce l’hanno sotto il naso” scriveva J. K. Rowling parlando dei Babbani, gli esseri umani senza poteri magici del fantastico mondo di Harry Potter. Una citazione che in sé racchiude una verità che va oltre il contesto dal quale è stata estrapolata: le persone non hanno voglia di credere nella magia.
Eppure la magia esiste, ed è a Varese.
L’associazione Culturale Binario 9 ¾ nasce con lo scopo di divulgare l’arte della Magia e prestidigitazione a Varese e provincia. Mattia Santangelo ci ha raccontato come è nata, il lavoro che svolge nell’insegnamento della magia ai giovani e come stanno affrontando le limitazioni e il regolamento anti-covid stabilito dal governo a causa dell’emergenza coronavirus.

Com’è nata l’idea di un’associazione così particolare?
«L’associazione è nata quando ci siamo resi conto che al negozio di magia AssoKappa vivevamo sabati affollatissimi, pieni soprattutto di ragazzi che si trovavano per sperimentare e confrontare giochi di magia. Eravamo tanti da riempire il cortile. Serviva trovare un posto abbastanza grande che ci permettesse di insegnare, praticare e mettere in scena i nostri spettacoli. La magia a Varese non è molto diffusa. Per questo il nostro intento era quello di creare una sede che divenisse un vero e proprio “polo”. Siamo riusciti a fondare un’associazione che riesce a dare spazio a numerose conferenze e workshop, ad insegnare ai ragazzi che lo desiderano l’arte della magia, e due volte al mese organizza spettacoli di magia con ospiti importanti».
(Video di Stefano Sessarego)
Cosa imparano i ragazzi che si avvicinano alla vostra associazione?
«I giovani che vengono da noi desiderosi di imparare, iniziano il loro percorso già a 12-13 anni. I ragazzini di solito si appassionano attraverso internet. Cercano di imparare i trucchi, per i quali hanno bisogno delle carte e di altri accessori, così trovano il negozio. Poi però si accorgono che per imparare da internet non basta: bisogna saper comunicare. Così i ragazzi si avvicinano all’associazione: vengono da noi per imparare cosa voglia dire “fare magia”. La magia non è il segreto che sta dietro al trucco. La magia è la tecnica, la fase espressiva attorno al gioco di prestigio. Noi gli insegniamo a trattare con il pubblico, a impostare e presentare al meglio le loro esibizioni, a creare il loro personaggio. In questo modo crescono, migliorano. Diamo ai ragazzi la possibilità di fare incontri, partecipare a conferenze. La difficoltà principale a cui generalmente si va incontro riguarda la possibilità di potersi allenare. Allenarsi nella magia è diverso che allenarsi con la musica: quando devi provare un pezzo musicale prendi il tuo strumento, continui a suonare per un tot di ore e alla fine il tuo brano sarà perfetto. In magia è diverso, perché alleni costantemente la parte tecnica e di sicuro arriverà il momento in cui raggiungi la perfezione. Poi però devi aggiungere la fase di “test” sul pubblico. Quando io ho iniziato avevo quindici anni e il mio pubblico era composto solo dai membri della mia famiglia, dai miei amici, dai miei compagni di scuola. Potevo fare lo stesso trucco quattro, cinque volte. Per perfezionare un trucco servono più di cento esecuzioni, se il pubblico è composto sempre dalle stesse persone non può avvenire il miglioramento. Avere sempre lo stesso pubblico non aiuta a crescere, per questo è importante offrire ai ragazzi la possibilità di esibirsi di fronte ad un pubblico vario e sempre nuovo».
Come state affrontando le limitazioni imposte dal governo a causa dell’emergenza sanitaria?
«Durante i vari lockdown e zone rosse la priorità è sempre stata quella di tenere attivi i ragazzi. Cerchiamo e condividiamo sempre spunti di studio, organizziamo conferenze e live dalla sede e teniamo lezioni online. Durante il primo lockdown siamo anche riusciti ad organizzare uno spettacolo, live sia su Youtube che su Facebook, al quale hanno partecipato più di ottocento persone, tra cui tanti artisti. Non è la situazione ideale per gli eventi culturali, ma bisogna sapersi adattare».
In che modo vorreste migliorare e ampliare il lavoro della vostra associazione?
«Per la nostra attività sarebbe ideale creare contenuti in collaborazione con altre associazioni, soprattutto con la consulta giovanile. Oltretutto lo spazio della nostra sede è disponibile anche per altre associazioni in cerca di un posto dove potersi sistemare. La nostra difficoltà principale è quella di avere pubblico di Varese. Ogni anno viene organizzato il “galà del sorriso” al teatro Apollonio, un evento che ha sempre un grande successo. E’ folle pensare che non sia organizzato da persone di Varese, nonostante in città ci siano tutte le opportunità e possibilità di farlo. Sarebbe bello se i cittadini e le aziende venissero a scoprire quel che facciamo, che si appassionassero al nostro lavoro e magari provassero a collaborare con noi».
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