Roberto Cingolani alla Transizione ecologica, finalmente l’uomo giusto al posto giusto
La sua nomina a ministro è la vera novità del nuovo Governo. In un Paese dove i cervelli fuggono, l'ex direttore dell'Istituto italiano di tecnologia è riuscito a importare scienziati da tutto il mondo. Nel 2016 partecipò all'assemblea generale dell'Unione industriali della provincia di Varese
Finalmente il ministero della Transizione ecologica del governo Draghi ha un nome e un volto, quelli di Roberto Cingolani. Fisico di formazione, già direttore dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova e capo dell’innovazione tecnologica di Leonardo, Cingolani debutta nel ruolo di ministro della Transizione, parola che in questa fase storica è più importante del tanto citato cambiamento.
Questo nuovo ministro è la persona giusta, al momento giusto, al posto giusto. Recentemente era entrato a far parte dello staff di Leonardo (ex Finmeccanica), la più importante industria di Stato italiana, una realtà in cui le scelte relative all’innovazione tecnologica sono in grado di spostare in modo significativo il Pil del Paese.
Cingolani, in un’Italia dove l’intelligenza è spesso costretta a espatriare per trovare un giusto riconoscimento, è uno dei pochi dirigenti che è riuscito a importare cervelli dall’estero. L’istituto italiano di tecnologia di Genova, che ha diretto per molti anni, grazie alla sua politica attrattiva per i ricercatori stranieri, oggi può contare su 1716 persone provenienti da oltre 60 Paesi e più del 50% dei ricercatori proviene dall’estero: di questi, il 32% è costituito da stranieri e il 18% da italiani rientrati.
nella foto da destra Roberto Cingolani con Vittorio Gandini direttore di Univa durante l’assemblea generale del 2016Quattro anni fa Cingolani intervenne all’assemblea generale dell’Unione industriali della provincia di Varese, intervistato da Ferruccio De Bortoli. Sul tema della ricerca in Italia e sulle ragioni che portano molti giovani laureati ad andarsene, rispose così: «L’Italia produce ottimi cervelli, il problema è che per ognuno che se ne va non ce n’è uno che entra perché il nostro metodo di reclutamento è fuori dallo standard internazionale. La Gazzetta ufficiale, scritta in italiano e in burocratese, rende difficile la partecipazione a un concorso di uno scienziato tedesco. Ci vogliono poi infrastrutture di ricerca attrattive e che siano al livello di quelle degli altri paesi. Il mio staff viene da 57 nazioni, stiamo combattendo per un asilo visto che l’età media è di 33 anni».
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