Chiude il centro sportivo “Bellavista” di Gazzada Schianno
L'emergenza Covid ha messo in ginocchio uno dei centri sportivi più attivi della provincia. Laura Donna: "Nessun rancore. Ce ne andremo con la serietà che ci ha sempre contraddistinto"

Il Bellavista chiude. Una resa dopo mesi di blocco forzato causato dall’emergenza Covid. Il centro sportivo di Gazzada Schianno è l’emblema di quanto sta accadendo a molte altre strutture della provincia di Varese, ma il caso è ancora più eclatante perché la struttura, che si trova in località Campagnola, una bella collina al confine tra Gazzada e Varese, ha visto passare nel tempo migliaia di persone.
Il “Bellavista”, una piscina coperta e una scoperta, campi da tennis, un campo da beach volley, campi da calcio e calcetto, la palestra, un punto ristoro, è gestito da una decina d’anni da Laura Donna. L’amarezza non lascia spazio al rancore per quanto sta accadendo e le parole dell’imprenditrice sono misurate: «Abbiamo cercato di resistere finché è stato possibile – spiega – Non è stata una decisione presa a cuor leggero. Abbiamo investito molto in questa struttura facendo scelte che definirei lungimiranti: abbiamo installato il solare termico, cambiato la tensostruttura del campo coperto, virato in una direzione di rispetto dell’ambiente e risparmio energetico. Siamo stati tra i primi a chiudere durante il primo lockdown e quando abbiamo riaperto lo abbiamo fatto rispettando tutte le norme sanitarie e garantendo la massima sicurezza ai nostri soci, piccoli e grandi. Ma non è servito a nulla».
Alla riapertura di giugno gli iscritti erano calati drasticamente, passando da 800 a poco meno di 400.
«A questo si aggiunge che non abbiamo mai ricevuto aiuti dallo Stato, non siamo rientrati nel decreto ristori. I costi della nostra struttura sono elevatissimi. Così non potevamo andare avanti. Mi consola in parte il fatto che i nostri trenta dipendenti invece abbiano ottenuto i ristori e per quanto la situazione non sia semplice nemmeno per loro, hanno un po’ d’ossigeno».
Eppure il Bellavista ha provato di tutto per continuare l’attività, in attesa della fine dell’emergenza sanitaria: «In pieno lockdown abbiamo acquistato una piattaforma per consentire ai nostri soci di continuare a fare attività fisica da casa. Un modo per restare in contatto e far capire che noi c’eravamo».
In questi giorni gli iscritti stanno ricevendo una telefonata che li avverte della chiusura, ma non solo: «Vogliamo trovare il modo di restituire una parte delle quote versate – dice ancora Laura Donna- E ci tengo a dire una cosa: questa è una struttura sana. Il Bellavista era diventata una piccola boutique; chi ci ha scelto lo ha fatto per la serietà e l’attenzione che avevamo nei confronti dei nostri sportivi, piccoli e grandi. Ce ne andremo con dignità. Abbiamo messo la società in liquidazione anticipata e lasceremo i conti in ordine. Seguiamo la politica dei piccoli passi: ora la situazione è questa, domani chissà. Speriamo di trovare soldi ed energie per ricominciare».
E cosa sarà dei campi, delle piscine, del parco sulla collina di Gazzada? «Non l’abbandoneremo – conclude Laura Donna – Sarà un nostro impegno mantenerla in ordine e non lasciare che il tempo o l’incuria la rendano impraticabile. Abbiamo creduto molto in questo progetto, avevamo visto le potenzialità del centro sportivo e finché è stato possibile le abbiamo messe a frutto». Poi è arrivata la pandemia e ha distrutto anche questo sogno.
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L’incompetenza della Cina ha trasformato il Covid-19 in una pandemia mondiale, in un disastro economico ed in una dramma generazionale.
Fa ancora più rabbia che il mondo sembra essersi dimenticato delle vere cause di tutto questo sfacelo. Probabilmente i grandi gruppi multinazionali hanno investito troppo in Cina per tirarsi indietro e probabilmente ci sono troppi interessi economici per dare contro al gigante asiatico che così facendo tutto fagocita ed assorbe ad un prezzo ridicolo.
Certo…dopo averci fatto fallire diventeremo prede deboli e facili pronti a chinarci anche al peggior offerente. Il tutto facilitato da una politica economica europea frammentaria e totalmente non protettiva verso il Made in Europe.
Anche la commissione di inchiesta dell’OMS se n’è tornata a casa dopo aver investigato inutilmente in Cina sulle origini del virus…..troppe porte chiuse e troppa poca trasparenza. In pratica non è colpa di nessuno se ci siamo ridotti in mutande.
Dispiace leggere notizie come queste soprattutto quando gli imprenditori vittima di questa pandemia sono persone oneste e perbene che lasciano pure i conti in ordine.