Territori e sviluppo, ecco le province più dinamiche dove fiorisce l’imprenditorialità
Tra le prime 50 anche il Varesotto. La classifica stilata dall’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della Liuc, in base all'indice di fermento imprenditoriale, vede sul podio Milano, Roma e Bologna. Alberti (Liuc): «La competitività non è un fatto immutabile»

Ai giornalisti, quando si parla di territori, piacciono molto le classifiche perché sono facili da trasformare in notizia. Ma spesso quelle classifiche, che sembrano ricostruire la realtà in termini assoluti e incontrovertibili, assumono un vero significato solo se ci sforza di guardarle in prospettiva, cioè in modo dinamico.
La classifica delle 50 province che si caratterizzano per il loro fermento imprenditoriale, stilata dell’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della Liuc Università Cattaneo di Castellanza, non ha riservato grosse sorprese per il podio. Il primo e il secondo posto si potevano anticipare quasi in totale sicurezza: Milano e Roma, con Bologna medaglia di bronzo. E per togliere subito di torno la non notizia, la provincia di Varese si posiziona al 44mo posto.
UN INDICE DINAMICO
La vera notizia è invece la capacità di questo indice di leggere in modo dinamico la realtà dei territori misurando quanto stanno facendo per sviluppare ecosistemi in grado di stimolare la competitività e la crescita del tessuto imprenditoriale. È la visione strategica di una provincia a determinare la sua posizione in quella classifica.
«Questo strumento – spiega Fernando Alberti (foto), direttore dell’Institute for entrepreneurship and competitiveness – nasce dalla necessità di mappare le caratteristiche peculiari di ciascun territorio italiano in termini di capacità di innovare, dinamicità, e attrattività per talenti e aziende. Non si tratta di una fotografia statica, ma di un’analisi che vuole esprimere quanto le situazioni possano evolvere nel tempo e quanto la competitività non sia un fatto immutabile».
Non è dunque un caso che il 20 per cento delle startup innovative presenti in Italia si concentri a Milano, espressione della capacità che ha quel territorio di accogliere talenti imprenditoriali e creare il clima culturale adatto alla nascita di nuove imprese.
Come non è un caso la performance della provincia di Ascoli Piceno, al 19mo posto, che si distingue per una delle più alte densità di startup attive, ben 43, su una popolazione di poco più di 200mila abitanti. «Queste imprese innovative – sottolinea la professoressa Federica Belfanti – negli ultimi anni hanno triplicato il valore della loro produzione. Un successo spiegabile con l’attenzione che la provincia di Ascoli Piceno ha verso l’imprenditorialità, con una serie di eventi, spazi collaborativi e di community che si creano, alcuni con focus particolari, come l’imprenditorialità sociale». Un territorio attrattivo a tal punto, da essere scelto come sede da Digital Magics Adriatico, l’incubatore di startup digitali Made in Italy, per sviluppare l’ecosistema dell’innovazione non solo nelle Marche, ma anche in Umbria, Abruzzo, Emilia Romagna e Molise.
LA NARRAZIONE SBAGLIATA
Secondo i docenti dell’Institute for entrepreneurship and competitiveness della Liuc, in Italia, quando si parla di competitività, prevale una narrazione comune che finisce per attribuire alla storia passata le divergenze in termini di prosperità tra i vari territori. «La competitività non è frutto di un’eredità del passato inalterabile – continua Belfanti – ma è la capacità dei nostri ecosistemi di valorizzare le proprie caratteristiche distintive, stimolando l’imprenditorialità che è fondamentale per finalizzare gli sforzi fatti da istituzioni pubbliche, soggetti privati e istituzioni accademiche. Anche l’innovazione è frutto di attività sistemiche. È una particolare alchimia tra vari attori ed elementi che, se si coordinano nel modo giusto, possono generare imprenditorialità e dinamismo».
Quando si parla di competitività, la ricetta che funziona a qualsiasi latitudine è quella elaborata dal professor Michael Porter della Harvard Business School: rafforzare i propri punti di forza e dare priorità alle proprie debolezze. Alcune province vivono di un’eredità passata ancora molto forte manifestando meno dinamismo rispetto ad altre. Per esempio, il territorio di Lecco che ha performance basse nello sviluppo delle competenze ha dato priorità a questa sua debolezza, lanciando in tempi recenti l’Innovation park & startup accelerator. Altro esempio interessante è quello di Bologna che ha creato un ecosistema dove convergono imprese, policy maker e università a supporto delle industrie della motor valley. Lo stesso hanno fatto Pisa e Siena concentrandosi sul trasferimento tecnologico, valorizzando le eccellenze accademiche e i poli tecnologici.
LA PROVINCIA DI VARESE TRA VOCAZIONE E INNOVAZIONE
Varese che rientra nelle top 50 si distingue sulle “performance imprenditoriali” e per il “tessuto industriale” che collocano la provincia tra le migliori a livello nazionale. Un ecosistema maturo, con quasi due secoli di storia industriale alle spalle, caratterizzato da una multi-filiera con 22 specializzazioni produttive presenti e fortemente orientate al mondo della manifattura avanzata, che garantiscono buone performance in termini di crescita dei salari, popolazione residente e numero degli addetti.
Nella terra dei laghi si contano circa quaranta startup e Pmi innovative, segno che c’è molta voglia di fare e innovare. Sul territorio c’è un’attenzione molto forte al tema della cultura imprenditoriale coltivata sia a livello accademico nei due atenei della provincia, Liuc e Insubria, sia nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, basti pensare alle iniziative Generazione d’industria e Pmi Day che portano migliaia di giovani studenti nelle imprese del territorio, contatto che spesso si trasforma in occasioni di stage per i ragazzi e formazione congiunta tra imprese e scuole. Le due università a loro volta contribuiscono invece allo sviluppo delle competenze e al loro trasferimento nell’ecosistema imprenditoriale.
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