Mensa dei Poveri, l’inchiesta che ha fatto tremare la politica varesotta approda in aula
Al via venerdì il processo per decine di imputati nei vari filoni di inchiesta della Procura di Milano che ha scoperchiato un sistema corruttivo al cui vertice c'era l'ex-plenipotenziario di Forza Italia Nino Caianiello
Prenderà il via venerdì 19 marzo, alla Fiera di Rho, il maxi-processo nei confronti del vasto sistema corruttivo che per anni ha prosperato all’ombra delle istituzioni locali e regionali e che coinvolge quasi un centinaio tra politici, professionisti e imprenditori che a vario titolo sono rimasti coinvolti nei vari filoni dell’inchiesta del 2019, portata avanti dalla Procura di Milano e in particolare dal pool di magistrati Luigi Furno, Silvia Bonardi e Adriano Scudieri.
Una parte di questi gravitava su Milano mentre una bella fetta rappresentava i massimi vertici della politica del Varesotto (coinvolto tutto lo stato maggiore di Forza Italia in provincia di Varese). Si prevedono molte richieste di patteggiamento, a partire dalle 11 che erano già state presentate e respinte alcuni mesi fa.
Due filoni d’indagine sulle tangenti, uno milanese e uno nel Varesotto, dunque. Ma in cui compare – figura centrale – Nino Caianiello, capo riconosciuto (ma senza incarichi ufficiali da qualche anno, ndr) degli Azzurri per quasi un ventennio in provincia di Varese e con ramificazioni fino al capoluogo.
Un sistema corruttivo «che assume caratteri più sistematici e pervasivi» rispetto al contesto di Milano, dice il sostituto procuratore Luigi Furno (che è stato per alcuni anni in Procura a Busto). Questo perché in provincia di Varese viene «registrato un riconoscibile centro d’autorità», appunto il mullah Caianiello, «cui fanno capo le nomine delle principali società pubbliche della provincia, come raccolta rifiuti, servizio idrico integrato». Aggirando l’interdizione ai pubblici uffici, Caianiello sarebbe divenuto «pubblico amministratore di fatto di Accam, Prealpi servizi e Alfa Srl», le più rilevanti società pubbliche della provincia.
Insomma: Accam, Prealpi e Alfa come generatori di lavoro per chi fa parte del sistema intorno al plenipotenziario di Forza Italia, che peraltro non ricopre invece alcun ruolo ufficiale
Gli affari in Alfa
L’indagine ha coinvolto diversi livelli e attività. Oltre a Nino Caianiello vennero arrestati Mario Tolbar, Davide Borsani, direttore operativo e consigliere di amministrazione di Alfa fino al 21 dicembre 2017, Marcello Pedroni, consigliere di amministrazione di Alfa, Giovanni Pietro Moretti, legale rappresentante della Mercurio, l’allora amministratore delegato Saverio Maria Bratta e Paola Saporiti, assessore a Cassano Magnago. Gli inquirenti scrivono che in Alfa “il vero deus ex machina di ogni operazione societaria di una certa rilevanza è, a dispetto dell’assenza di cariche formali rivestite, Caianiello”.
Per quanto concerne la responsabilità di Bratta, si ritiene che, in questo caso, la circostanza di essere presidente della commissione aggiudicatrice della gara implicasse necessariamente la consapevolezza del medesimo, che nella specie rivestiva la qualità di persona incaricata dalla legge alla gara stessa, della collusione volta a favorire il candidato Borsani.
Nel medesimo senso depone il comportamento dello stesso Bratta, successivo al reato che, ancora una volta uniformandosi alle perentorie indicazioni di Caianiello, ha proceduto alla pubblicazione della nomina del vincitore rispettando i tempi imposti dal dominus”.
La vicenda relativa alle sorelle Saporiti (si tratta del passaggio di una busta che Paola consegna a Caianiello con dentro 500 euro come compenso per aver inserito Giovanna nel collegio sindacale di Alfa Srl, ndr) è stata quella che ha richiamato alla mente della giudice l’immagine del sistema feudale L’indagine analizza anche tutte le principali nomine. Elementi gravemente indiziari dell’avvenuta turbativa possono evidenziarsi nell’ammissione compiuta da Caianiello che la nomina di Borsani a direttore tecnico è stata frutto di una scelta operata ex ante a “tavolino” del tutto slegata rispetto alla valutazione del merito dell’aspirante al posto bandito e del soddisfacimento dell’interesse pubblico che il bando e la conseguente nomina mirano a garantire.
Gli interessi in Accam
Dal filone sulla società che gestisce l’inceneritore, emerge come Laura Bordonaro sia stata nominata presidente del cda in quota Caianiello. Gli inquirenti la definiscono partecipe all’associazione a delinquere in quanto avrebbe operato “sotto la costante direzione del politico gallaratese, arrivando a definirla l’alter ego all’interno della società in house . Secondo i magistrati avrebbe accettato, con piena consapevolezza. di essere etero-diretta e strumentalizzata con riferimento a tutte le più importanti scelte gestionali dell’azienda pubblica, con particolare riferimento alle scelte che implicano l’allocazione di risorse pubbliche, e più precisamente, l’individuazione dei soggetti da nominare a cariche dirigenziali , l’individuazione dei professionisti da favorire con il conferimento di incarichi o consulenze, sovente privi di qualsiasi utilità societaria, ma funzionali soltanto a giustificare formalmente l’esborso di denaro pubblico in favore di persone vicine ai membri del gruppo di Caianiello, ovvero disponibili a retrocedere ai componenti del sodalizio parte dell’importo relativo all’incarico, in tal modo ottenuto.
Alberto Bilardo, invece, avrebbe curato gli interessi dell’associazione operando nella qualità di consigliere di amministrazione della società a partecipazione totalmente pubblica e quale segretario cittadino di Forza Italia del comune di Gallarate fino al l’1 agosto 2018, con il compito di mantenere le relazioni con i privati corruttori, anche grazie all’attività professionale del suo studio di ingegneria civile che svolge in palese conflitto di interessi con i paralleli incarichi politici e di governance di società municipalizzate, grazie anche al rapporto diretto con il direttore generale Paola Rossi. Anche per lui la Procura sostiene che agisce con consapevole adesione al programma criminoso del sodalizio a cui presta le sue capacità professionali.
Caianiello interviene costantemente e prepotentemente nella programmazione e nella successiva attuazione di tutte le più importanti scelte gestionali dell’azienda pubblica alla quale è formalmente estraneo ed, in particolare, nella scelta dei soggetti cui affidare le nomine dirigenziali o ai quali affidare incarichi o consulenze. In un caso fa lievitare il numero dei componenti di un tavolo tecnico da 5 a 7 elementi col solo scopo di poter inserire un suo uomo di fiducia.
Un altro caso in cui il ruolo di Caianiello emerge in maniera chiara è la nomina di Alessandro Crescenti della E.S.T.R.O. Ingegneria S.r.l., di Milano. Bordonaro e Caianiello promettevano ed effettivamente conferivano un fittizio incarico di consulenza tecnica avente per oggetto l’analisi dell’impianto di termovalorizzazione di Busto Arsizio al fine di verificare la sussistenza del prosieguo dell’attività fino al 2027, dell’importo di 7.000,00 euro in cambio della promessa e della successiva retrocessione a Caianiello di una parte del corrispettivo previsto per l’incarico stesso, e segnatamente della somma di 4000 euro. L’altro caso segnalato tra gli episodi sospetti, riguarda tale Henry Bonini quale beneficiario consapevole della turbativa finalizzata a predeterminare l’esito della selezione pubblica in suo favore.
Gli affari con Lara Comi e Zingale
Nel caso di Lara Comi, rilevante sarebbe stato il caso del suo addetto stampa, che avrebbe ricevuto un incarico (legato al ruolo, ricoperto allora da Comi, di europarlamentare) con obbligo di “retrocedere” una parte dei soldi a Forza Italia per coprire le spese della stessa esponente forzista. Oltre a questo, vengono contestati due contratti di consulenza ricevuti dalla sua società Premium Consulting Srl, da parte di Afol e, in particolare, dal dg Zingale, “dietro promessa di retrocessione di una quota parte agli stessi Caianiello e Zingale”, come riportato negli atti.
La vicenda dell’urbanistica gallaratese e dell’azione di responsabilità nei confronti di Amsc
La vicenda è legata alla variante del Pgt di Gallarate che chiama in causa Paolo Orrigoni per una questione urbanistica. Tigros avrebbe voluto spostare un punto vendita da via Torino all’area di proprietà di Piero Enrico Tonetti. Per ottenere un cambio di destinazione d’uso dell’area in cui Orrigoni avrebbe voluto spostare il supermercato avrebbe pagato 50 mila euro ad una società di ingegneria vicina al gruppo Caianiello. In cambio il mullah si sarebbe adoperato per ottenere la variante al pgt necessaria, tramite il suo uomo in giunta, Alessandro Petrone.
Il Comune di Gallarate è parte civile nel processo “Mensa dei poveri” che coinvolge anche il sindaco
Nota anche la questione della tangente al quadrato che il defunto imprenditore edile Leonida Paggiaro avrebbe pagato a Caianiello. È l’affaire-via Mazzini: una spericolata operazione in cui la sentenza contro Nino Caianiello per la corruzione sull’area ex Majno (oggi supermercato di via Ronchetti) si trasforma in uno strumento per incidere sul Piano di Governo del Territorio. Per cancellare due corti storiche e costruirci sopra. L’imprenditore Leonida Paggiaro, che doveva ricevere come risarcimento 250mila euro, avrebbe “rinunciato” al risarcimento nei suoi confronti: una tangente mascherata, per ottenere il via libera alle modifiche al Pgt sugli immobili di via Mazzini di proprietà della società Paso, intestata a sua moglie.
Per quanto riguarda la vicenda della municipalizzata gallaratese l’obbiettivo strategico del “gruppo Caianiello” era quello di fermare l’azione di responsabilità avviata dall’amministrazione Guenzani nei confronti dei vecchi vertici di Amsc, capitanati appunto da Nino Caianiello. Secondo gli elementi raccolti dalla Procura, “tramite collusioni ed altri mezzi fraudolenti” i vari indagati – tra cui appunto Caianiello e il sindaco Cassani – puntavano a “predeterminare l’esito della procedura negoziata, bandita dal comune di Gallarate, per l’affidamento dell’incarico di redazione di uno studio giuridico-legale e di un parere pro-veritate in favore degli avvocati Strampelli e Cerami. Era il parere pro veritate di cui si discuteva già nel 2016, appena insediata l’amministazione Cassani.
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